E’ andato via dalla sua Bagheria perché stanco delle continue minacce mafiose, ha scelto di trasferirsi a Milano con la sua famiglia per provare a dare una vita “normale” ai suoi figli, e invece si è trovato discriminato dai genitori dei compagni di classe dei suoi bambini: “Non lo vogliamo qui”.
E’ la storia di Gianluca Calì, imprenditore siciliano diventato uno dei simboli della legalità e della lotta alla criminalità organizzata. Personaggio scomodo per i boss della zona che non gli hanno reso la vita facile, costringendolo ad abbandonare la sua terra, indossare costantemente un giubbotto antiproiettile, andare in giro in un’auto blindata.
E oggi si trova ad affrontare una nuova battaglia: sconfiggere il pregiudizio dei genitori dei compagni dei suoi figli, sei e sette anni. Il signor Calì era stato convocato dalla direttrice per un incontro con le famiglie dell’istituto, e si è scatenato un caso ripreso dal quotidiano “la Repubblica”.
La rappresentante di classe ha scritto una mail di protesta: “Alcuni genitori non vogliono partecipare alla riunione se sarà presente solo il signore Cali’ senza polizia o carabinieri, temono possa succedere qualcosa in quell’occasione, altri stanno pensando di far cambiare scuola ai propri figli perché preoccupati della loro sicurezza, io stessa mi sto interrogando da questa mattina se sia il caso di lasciare che siano i nonni o la tata ad andare a prendere i bambini a scuola, quando la scuola non è più un luogo sicuro”.
E ancora: “Mi dispiace, ma la situazione così non ci piace per nulla e rattristati per i piccoli che subiscono l’eredità dei padri, ci sentiamo di dover proteggere i nostri di figli da una situazione incontrollata ed esogena”. Fino a proporre una soluzione che lascia senza parole: ”Sarebbe il caso che i bambini in questione uscissero da una porta secondaria e non all’orario canonico e comunque vorremmo tutti maggiori misure di sicurezza, perché non ci sentiamo sicuri”.
Parole dure, alle quali l’imprenditore ha replicato nel migliore dei modi: le ha rese pubbliche, postandole sulla sua pagina di Facebook, lasciando così che l’indignazione arrivasse in maniera spontanea. E così è stato. Decine i commenti di solidarietà e disprezzo per le accuse riprovevoli. “Tutto mi aspettavo – è il commento amaro dello stesso Calì – tranne che la civilissima Milano reagisse così. Non credo che i miei figli debbano pagare lo scotto della già difficilissima situazione in cui vivo da 15 anni seguendo la via della legalità”.
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