Chi oltre mezzo secolo fa avvolgeva i limoni e le arance nelle carte veline manco lontanamente avrebbe pensato che quegli incarti in futuro sarebbero stati oggetto di collezione e di mostre. Era inimmaginabile che i fragili quadrati di carta velina usati per proteggere i succosi frutti da urti e accidentali lesioni durante il trasporto sarebbero diventati rarità e considerati forme d’arte popolare entrando a far parte del patrimonio immateriale e culturale. Oggi 12 di quei foglietti contrassegnano i mesi del 2016 in un bel calendario, ideato e curato da Pietro Pagano, popolare personaggio bagherese collezionista di veline, e realizzato dalle Officine Tipografiche Aiello e Provenzano, una benemerita azienda bagherese che si distingue per l’elegante suggello che imprime ad ogni iniziativa sociale e culturale della città delle ville. Un calendario con 12 immagini dunque, tratte dalle veline che incartavano i limoni, tutte rigorosamente bagheresi.
Ma per la dozzina di immagini che sono state immortalate, molte altre, almeno una cinquantina (erano oltre 60 le ditte che operavano nel territorio bagherese), sono rimaste in disparte. Non perché non meritassero la ribalta, ma per il semplice fatto che sono solo 12 i mesi dell’anno. Ci hanno detto che saranno oggetto di publicazioni future.
E veniamo alle veline del calendario e alle ditte esportatrici in esse rappresentate.
Troviamo per:
Gennaio, “Fratelli Martorana & Di Salvo;
Febbraio, “Giuseppe Lo Meo, Marca Satellite Prima”
Marzo, “Ignazio Castronovo & F.”
Aprile, “Coop Si.A.L. Fricano;
Maggio, “Giuseppe Lo Buglio. I due contadinelli”;
Giugno, “C.A.B. (Consorzio Agrumario Bagherese) Moro”;
Luglio, “Filippo Scaduto (di Giovanni e Stefano Scaduto);
Agosto, “Nicola Fricano & C.snc;
Settembre, “S.L.”
Ottobre, “Esportazione Agrumi Bagheria-Palermo”;
Novembre “Fricano & Cirrincione.Prima”;
Dicembre, “Alberto Aiello & Figli”.
Queste dunque le dodici ditte esportatrici rappresentate nel calendario. Le immagini sono state selezionate fra le tante della collezione di Pietro Pagano in collaborazione con l’ associazione “Natura e Cultura” di Bagheria.
Il calendario è preceduto da un testo del professore Pino Aiello, dal titolo ” Il grande viaggiatore”, corredato di immagini fotografiche acquisite da Publifoto, tratte sempre dall’archivio Pagano. in cui è descritta quella che era la società del limone con gli usi, i costumi, il modo di lavorare, l’esportazione, l’uso delle veline in città e dintorni.
I leggeri involucri, oltre ad avere funzione protettiva, ben presto diventano un buon veicolo commerciale per destare la curiosità dell’acquirente, consentendogli anche di distinguere un frutto di alta qualità e pregio che, staccato dall’albero, veniva “lavorato” nel magazzino.
“L’organizzazione del lavoro all’interno dei magazzini – scrive Pino Aiello -era costituita da moduli (puosti) ognuno con una capacità produttiva di circa ottanta casse (casci) nelle otto ore lavorative. Ogni modulo comprendeva due donne addette alla selezione dei frutti, quattro a incartarli (ammugghialli), un ragazzo addetto a porgere (pruoiri) i limoni incartati, un impacchettatore (mpaccaturi) e un addetto all’assemblaggio delle casse (aimmari i casci) e alla loro chiusura. Un magazzino di prestigio doveva lavorare almeno a cinque postazioni in modo da raggiungere una capacità produttiva di quattrocento casse in una giornata; quantità identificata convenzionalmente come vagone (vacuni) e corrispondente a 10mila kg. Per molti anni il contenitore utilizzato sia per il trasporto dalla campagna ai magazzini di Palermo che per la spedizione era costituito da una cassa (cascia) divisa in due scomparti.
Un prodotto capace di assicurare così alti redditi, imponeva delle strategie di commercializzazione che rendessero il limone in grado di resistere ai lunghi percorsi che separavano l’Isola dai mercati mitteleuropei, d’oltremanica e addirittura degli Stati Uniti.
I mercati verso cui erano esportati gli agrumi erano piuttosto esigenti in quanto a qualità e calibro dei frutti, d’altronde non poteva essere altrimenti visto il prezzo di acquisto. Attentamente selezionati e avvolti in carta velina, i limoni erano sistemati in suoli nelle casse a due scomparti, queste avevano dimensioni diverse per adattarsi alle necessità imposte dal calibro e dal numero di limoni che dovevano contenere. L’imballaggio era particolarmente curato anche nell’aspetto estetico, frange e paglia colorata incorniciavano questo scrigno di salutistici frutti che si presentavano nell’ultimo strato (the top) avvolti a fagottino in carta serigrafata col marchio a colori della ditta esportatrice”.
Descrizione di tempi e riti lontani il cui ricordo va sbiadendo in chi li ha vissuto mentre i giovani ne ignorano l’esistenza.
Possano le umili, fragili carte, documenti e testimoni di una epoca felice, insegnarci ad amare la nostra città con lo stesso amore con il quale è stata amata da chi ci ha preceduto.
Giuseppe Fumia
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bellissima iniziativa e fino ad oggi unica nel suo genre
complimenti all’ideatore