Sono le 16.30 di un comune pomeriggio ed un personaggio alquanto noto ci attende per la nostra particolare intervista. Particolare perchè amiamo andare a fondo sugli animi della gente, sui bagheresi, quei bagheresi, che hanno portato e portano ancora, la dedizione per le loro passioni.
Enzo Di Liberto, classe 1947, bagherese D.O.C. Entriamo nella sua palestra, ad attenderci il suo caloroso saluto e la dolcissima figlia Giuliana al desk. Enzo Di Liberto, Maestro ed Arbitro Benemerito
per 25 anni di attività in campo nazionale del Judo, vanta di prestigiosi riconoscimenti, premi e medaglie valorosamente raccolte nel corso degli anni; all’interno della sua palestra, egli accudisce con amore, energia e dedizione, i suoi cari atleti che sin da bambini, si approcciano al meraviglioso mondo del Judo.
Il Judo – spiega Enzo Di Liberto – è una vera e propria filosofia del vivere: denominato come “arte della cedevolezza”, è un’arte che gioca sull’autodifesa con estrema ponderazione e consapevolezza del proprio
corpo in rapporto allo spazio circostante.
Equilibrio, forza, destrezza e velocità fanno del Judo uno sport singolo che col tempo affina la tecnica, sensibilizzando i tempi, ipotizzando ed anticipando le mosse dell’avversario.
A quanti anni ha capito cosa voleva fare da grande?
“Da piccolo – quando all’età di 14 anni un amico mi portò a Palermo, ho conosciuto questo sport che si chiamava “lotta giapponese” e da lì…me ne innamorai subito. Con il pallone ci davamo del lei e non del tu, mancava quell’affinità e quel trasporto chenacque all’immediato con il Judo. Uno sport di contatto nel pienorispetto delle regole, da quel giornosino ad oggi che ho 69 anni, non ho mai smesso di fare Judo.”
Il più grande dolore che la vita sportiva le ha inflitto?
“Un mio bambino (e da questa espressione si evince con quale amore e dedizione il maestro allena i
suoi piccoli atleti), è morto. Un mese e mezzo fa, Pietro un bimbo cieco ci ha lasciati. Prima un handicap, poi la perdita di entrambi gli occhi, hanno portato Pietro, ad affrontare la realtà che lo circonda con una particolare sensibilità; da tre anni lo portavo al Judo – per un attimo pensai paradossalmente che lui vedesse, talmente era abile nel seguire la mia voce tra decine di ragazzini in palestra. Io lo seguivo, insegnavo il Judo e lui, incredibilmente eseguiva correttamente ogni insegnamento. Lo portai anche alla scuola di musica di mia figlia Giuliana e anche lì, ci sbalordì: sembrava un batterista nato. Oggi, farò un trofeo, tutto per Pietro.”
Una sua gioia invece?
“Una mia gioia immensa: ogni volta che preparo dei ragazzi, a prescindere se vincono o meno, quando raggiungiamo il traguardo di esibirci ai campionati italiani: me li abbraccio e bacio una volta se sono vincitori, me li abbraccio e li bacio due volte se sono sconfitti: questo è il mio motto.
L’importante è capire perchè perdere per poi avere la grinta di lavorarci sù, ed accettare con maturità le sconfitte. Il maestro deve educare, donando carica e stima in se stesso ma mai terrorizzare con l’arrivo della sconfitta.”
Il suo piatto preferito?
“Pasta ca salsa” – all’antica puntualizza il nostro direttore Michele – e con un pò di estratto mi piace ancora di più!”
Se Il Judo è una disciplina che mira alla difesa personale, oltre che essere una filosofia di vita, può diventare una difesa per la mente oltre che per il corpo?
“Si, assolutamente si! – “Il Judo è una vera e propria filosofia di vita, che non fortifica solo il corpo ma anche la mente – rende sicuri delle proprie azioni e tende ad una maggiore riflessione nel compiere le azioni nella vita quotidiana”.
Quando chiediamo ad E.Di Liberto di raccontarci un suo incubo frequente, egli ci trasporta nei meandri
delle sue emozioni: ci narra di suo padre, grande uomo dall’animo caritatevole. Ci racconta i grandi valori trasmessogli dalla sua famiglia ed il lento proseguire della malattia del padre: un giorno il padre scorse nello sguardo del figlio, lacrime di pianto sull’orlo del mostrarsi, e sicuro gli espresse: “Un chianciri figghiu miu; picchì u mortu è mortu, quannu u vivu unnu pensa chìù”. Sono positivo in tutto e per tutto, anche nei momenti più tristi della mia vita. Mi rialzo subito, immediatamente”.
Si è mai ritrovato a mettere in atto gli insegnamenti della sua disciplina, nella vita reale?
“Mai in atto, ma è come se lo fosse stato – perchè il troppo coraggio rasenta alle volte l’incoscienza. Avendo tanta sicurezza in me, in determinate circostanze, prevengo che la situazione possa degenerare, mostro la mia sicurezza e prevengo”.
Cosa odia dei bagheresi?
Quì entra in atto la comunicazione non verbale, che risulta essere spesso di maggiore efficacia nella spiegazione di un dato: la sua mano si muove mostrando il palmo ed il dorso della stessa ovvero, il voltafaccia. I codardi, coloro che vanno dove soffia il vento, i cosiddetti “pupi” – “Se la gente nega un qualcosa che miha promesso, mi incazzo maledettamentee li mando a quel paese”.
A proposito di mandare a quel paese: Come manderebbe a quel paese con eleganza, una persona?
“Senti, parlando con te, non sei pane per i miei denti.”
E senza eleganza?
“Senza eleganza, u mannu a fariinculu direttamente!”
Crede in Dio?
“Si”.
Se e quante volte ha messo in dubbio l’esistenza di Dio?
“Mi sono avvicinato alla chiesa, perchè “Mi hanno preso per la gola”, ovvero: un 45 anni fa, dinnanzi
all’uscio della chiesa, attendendo l’arrivo della mia fidanzata, mi presentai a Padre Muratore: “Piacere –
dissi – Enzo Di Liberto di Bagheria”; lui appena sentii il mio timbro di voce esclamò: “Che bella voce da
musicista” e mi prese per la gola facendomi cantare nel coro (la professione di cantante di quando ero
giovane); mi avvicinai quindi allachiesa, e da quel giorno sino ad oggi,feci un cammino di fede particolare
che mai messe in dubbio l’esistenza del Signore, anche nei momenti incui il dolore è forte.”
E’ vero che vuole candidarsi sindaco?
“In questo momento no, per motivi tecnici ma in un futuro potrebbe accadere.”
Cosa ne pensa del luogo in cui vive, Bagheria?
“Bagheria ha avuto le più belle menti, le più belle intelligenze: Bagnera, Cirrincione, Tornatore, Guttuso,
Buttitta, Ducato, ma contiene una deficienza di intelligenza umana che rasenta il ridicolo. Ma vedendo
come non sappiamo sfruttare le nostre risorse e le nostre menti dico: ma siamo deficienti?”
Ha mai avvertito il desiderio di lasciare Bagheria?
Mai – è un amore talmente sviscerato che mai potrei pensare di lasciare Bagheria. Quando mi capita
di viaggiare e lascio quest’isola, avverto un senso di smarrimento che poi al ritorno appena vedo la mia Sicilia, credetemi…mi sento un leone e dico: “Picciotti…a me Sicilia c’è!”
Michele Manna: Ma perchè ti presenti da anni come “Enzo Di Liberto ra punta vugghia”? Vorrei che spiegassi il senso dell’utilizzare Enzo Di Liberto “ra punta vugghia”.
“Quando noi eravamo piccoli e facevamo le partite di pallone, ogni squadra rappresentava un quartiere;
e ad ogni partita, “c’ammazzavamu” come i cani”, a prescindere di chi fosse la vittoria. Lannari, Sant’Antonino, Punta Vugghia ecc…questo senso di appartenenza al quartiere mi rimase nel cuore, sino ad averlo dentro di me facendolo diventare l’orgoglio del mio nome.” L’intervista ad Enzo Di Liberto è ricca e prolissa; colma di preziosi aneddoti, saggi pensieri e delicati ricordi che come cristalli, brillano negli occhi commossi di un grande uomo. Un grazie personale dalla sottoscritta si rivolge ad Enzo Di Liberto
ed ai suoi genitori.
Una rete metallica ed un rampicante a tratti, separava due villini l’uno dall’altro. La mia vita, la mia infanzia, in quella splendida terra di Bellacera, tra profumi di zagara e odori di salsa. Le nostre risa, le chiacchierate, le gioie e poi i dolori… tutto amorevolmente condiviso con i vicini di casa più gioiosi della zona. E quella rete è ancora lì, testimone silente di vite straordinarie.
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