E’ morto nella notte tra il 2 e 3 febbraio del 2017 Antonino Buttitta, antropologo, docente universitario
e politico del Partito socialista, di cui arrivò ad essere segretario regionale e deputato nazionale. Era nato a Bagheria il 27 maggio del 1933. E’ stato ideatore della fondazione intitolata al padre, il poeta Ignazio Buttitta. E’ stato professore emerito dell’Università di Palermo, dove ha ricoperto il ruolo di docente e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia (dal 1979 al 1992), nonché presidente dei corsi di laurea in Beni demo-etno-antropologici e alla magistrale in Antropologia Culturale ed Etnologia.
Era il terzo dei 4 figli di Ignazio, con Pietro (giornalista Rai scomparso nel 1994), Flora e Aurora. Aveva due figli. Pochi giorni fa, il 18 gennaio, aveva partecipato ad un incontro pubblico a Bagheria in ricordo
della figura di Peppino Tornatore, dove aveva tenuto un discorso come sempre connotato da grande arguzia. Conosciuto e apprezzato studioso in tutta europa per i suoi studi sulla Sicilia, dagli ex voto, alla pittura sul vetro, al grano e le feste religiose.
In poco tempo sono andati via tutti i punti di riferimento della mia vita culturale e accademica. Li ricordo nell’ordine in cui ci hanno lasciati: Pippo Giarrizzo, Umberto Eco, Natale Tedesco, Tullio De Mauro e, adesso, Nino Buttitta.
Di essi Nino l’ho conosciuto per primo. Doveva essere l’anno 1961 o 1962. Ero studente liceale, Nino era
giovane assistente di Cocchiara. Eravamo nella casa di campagna di Fernando Scianna, allora matricola della Facoltà di Lettere.Era qualcosa come una scampagnata dove si mangiava, si beveva, si scherzava. C’erano diversi docenti universitari che naturalmente non conoscevo.
Ero stato invitato da Fernando ma ero troppo giovane e timido per partecipare alle loro discussioni e ai loro scherzi. Fui un attento e intimidito spettatore. Nino alla fine della giornata si esibì in una gara di bevitori di vino. Mi pare si chiamasse “il tocco”. Trovavo strana la scena e, lo confesso, poco coerente con l’idea che mi ero fatta degli studiosi e professori universitari. Ma ancora non conoscevo la complessità
e la bellezza del mondo.
Quella differenza tra me e Nino perdurò fino alla fine: Nino estroverso io introverso, Nino amava teatralizzare la sua esistenza io tendevo a vivere rinchiuso in me stesso, Nino amava scherzare io molto, troppo, serioso. Nel mezzo secolo abbondante che ci separa da allora sono accadute molte cose e i nostri rapporti hanno subito vari cambiamenti. I ricordi affollano la mia mente ed è impossibile metterli in ordine.
È un pezzo di storia accademica, politica e scientifica. Piccola storia ma importante per chi l’ha vissuta.
Ci è capitato di tutto. Gli aiuti che non mi ha fatto mancare nella mia iniziale carriera universitaria, qualche duro dissidio accademico (una volta per un mese mi ha tolto il saluto perché pensava, sbagliandosi, di averlo tradito in una votazione per chiamate di concorsi), la reciproca stima scientifica che però non ci impediva di polemizzare su questioni importanti, le scelte politiche (lui importante dirigente socialista e figlio di comunista, io simpatizzante del pci e figlio di democristiano), eccetera eccetera.
Un episodio che pochissimi conoscono tratteggia bene il personaggio. Mi è stato prima raccontato da Nino (e io stentavo a crederci, Nino era un grande affabulatore che amava stupire i suoi ascoltatori) e poi, in maniera autonoma, da Umberto Eco. Siamo nella seconda metà degli anni cinquanta. Al giovanissimo Eco viene consigliato per superare un intoppo nella sua iniziale carriera accademica di andare a Palermo ad omaggiare il potente professore Giuseppe Cocchiara, allora Preside della Facoltà di Magistero, e di cui Nino era assistente. Nino e Eco si conoscono in quell’occasione.
Nino da una posizione forte rispetto al torinese Eco che scendeva a Palermo per così dire col cappello in mano. Il grande barone si degna di ricevere il giovane e sconosciuto Eco solo dopo avergli fatto fare un po’ di giorni di anticamera. Nino fa da tramite. Ottenuto finalmente il colloquio con Cocchiara Eco non ha più i soldi per comprare il biglietto del treno per tornare a Torino. Nino glieli dà. Eco mi ha raccontato che non ha mai dimenticato quel gesto generoso e lui, ormai intellettuale potentissimo e famosissimo nel mondo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per Nino.
Quando me l’ha raccontato, a Bologna, sentivo che ne era ancora commosso. Questo era Nino Buttitta, uomo che ti aiutava quando tutti si voltavano dall’altra parte. Ne ho fatto anch’io una volta esperienza.
E non lo dimenticherò.
Prof. Franco Lo Piparo
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