Velso Mucci nasce a Napoli da padre abruzzese e madre piemontese il 29
maggio del 1911. Essendo il padre maestro di musica in una banda militare, la famiglia è costretta a cambiare spesso residenza.
Nel 1924 è a Torino, dove frequenta il liceo classico. Nel 1934 si reca a Parigi dove mette su una libreria: porta avanti questa attività fino al 1940.
A Parigi organizza mostre per diversi artisti italiani (Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis, Spazzapan, Giorgio Morandi, Mino Maccari) nella Galleria Alberti di Rue Seguier.
Sempre a Parigi frequenta alcuni intellettuali che vanno per la maggiore: Paul Éluard, Tristan Tzara, Nazim Hikmet.
Dopo la guerra, nel 1945, si trasferisce a Roma dove, con Leonardo Sinisgalli e altri, fonda e dirige la rivista bimestrale “Il Costume politico e letterario”.
Questa rivista si prefigge di mettere in evidenza quello che di valido rimane nella letteratura italiana dopo le devastazioni della guerra. Dal 1954 al 1960 collabora, in veste di redattore prima e di direttore poi, al settimanale “Voce” della provincia di Cuneo.
Nel 1958 entra nel comitato direttivo della rivista “Contemporaneo”.
Il suo primo libro di poesie “Esercizi: 1927-1933” è del 1935.
Seguono: “Le carte” (prose e versi liberi), 1936; “Scartafaccio
1930-1946 (versi e prose)”, 1948; “L’umana compagnia”, 1953;
“Oggi e domani” (preceduto da una nota degli editori di 74 pagine
dal titolo “Paradosso sul poeta contemporaneo), 1958; “L’età
della terra”, 1962; “Carte in tavola”, 1968.
Studia e traduce in italiano opere di Paul
Éluard, Vladimir Majakovskij, Bertolt Brect, Pablo Neruda, Nazim Hikmet.
Velso Mucci muore a Londra il 5 settembre 1964. Questo poeta fa parte a
pieno titolo del gruppo degli ermetici.
Anche quando l’argomento è d’intensità drammatica il poeta trova il lato positivo dell’esistenza e la sua voce si fa lirica, il poeta ermetico scrive in una sorta di delirio, dove in parte tutte le parole vengono dette e in parte rimangono sottintese. Questo è il motivo per cui il testo rimane spesso in parte impenetrabile, dando alla poesia il sapore del mistero, stimolando nel contempo la mente del lettore a cercare la migliore interpretazione del testo.
Spesso il lettore perde il filo del discorso: si tratta di voli che fa il poeta, senza far perdere il filo del racconto lirico, aggiungendo anzi un pizzico di mistero e un alone quasi fantastico. A volte le composizioni, dopo un momento di discorso frenetico, s’interrompono, lasciando il lettore a riflettere su qualcosa a cui non aveva minimamente pensato. Altre volte
un discorso intensamente seguito e argomentato, prende la via del nonsense, lasciando il lettore come sospeso nel giudizio, sia sul contenuto che sulla forma.
Il taglio del verso è molto curato. Quando più argomenti s’incrociano in una composizione-scomposizione, allora la fase ermetica raggiunge il suo culmine. Velso Mucci, come tutti i poeti ermetici, ama creare immagini fantasiose, con accostamenti strani al limite del verosimile. Spesso si
tratta della descrizione di un paesaggio che sfiora il surreale.
FUTURO
Il freddo anno s’avvia
e dal terriccio
dei ricordi ci toglie.
Guardando un cielo da neve,
quale augurio cerchiamo?
Altro segno non c’è che il vuoto
delle cose future.
Da quest’ora
non sa per quali aperti passi
e a che giorni sconvolti
sarà ridotto,il cuore.
Gli anni passati e fugaci
ormai fanno del tempo
la riposta polvere;
ma questo è lento ad alzarsi
e tutto per noi contiene,
che cosi brevi siamo.
TERRA
Sta su noi grossa l’ora
che d’estate ci coglie alla campagna
dal primo picco di notte:acri debbi
fiatan nell’aria scura,ove si perde
il fumo per i fossi e le annerite
gobbe dei gelsi:
ancor dalla pianura
i grandi alberi s’alzano
contro la notte in piena,
come il bove che lento esce dal campo
sotto il prossimo colle irto di grilli,
come pesante stella in cielo apparsa.
COMMIATO DALLA MORTE
Il desiderio che di te ci prende
nei vuoti urbani di notte che il vento
corre o per la campagna desolata
e viva di minute cose,è forte
più che l’amore, o morte.
Degli occhi tuoi la frode
ormai non vale il tuo salubre seno.
E allora, se viviamo é solo un triste
bel giorno, che resiste.
LA LUNGA FORZA
Avete dato lunga forza al mio
vivere come una giornata
grigia di novembre
che presto finiva.
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