Progetto Folding@home dell’Università di Stanford
Chiunque può contribuire alla ricerca per contrastare il Coronavirus, installando nel proprio PC un software, sviluppato dall’Università privata di Stanford, negli U.S.A.
Il progetto dal titolo: Folding@home, sfrutta la capacità computazionale condivisa dei computer delle persone che aderiscono all’iniziativa, per potere effettuare una simulazione informatica su vasta scala, aumentando così la potenza di calcolo necessaria per elaborazioni molto complesse, come appunto avviene nell’ambito della ricerca medica.
In pratica, in un sistema informatico del genere, definito sistemadistribuito, numerosi computer interagiscono tra loro attraverso una rete al fine di raggiungere un obiettivo comune.
Il progetto Folding@home, iniziato nel 2000, è stato sviluppato ed attualmente gestito dal laboratorio Pande alla Stanford University (nella contea di Santa Clara, in California), sotto la direzione del professor Vijay Pande, tuttora il progetto è condiviso da varie istituzioni scientifiche e da laboratori di ricerca in tutto il mondo.
Nello specifico, Folding@home, si occupa di compiere ricerche sul complesso processo del ripiegamento di proteine, la cui analisi approfondita aiuterebbe i ricercatori medici a capire come affrontare sindromi come quella di Alzheimer, alcuni tipi di cancro, la Sars e di recente, anche alcuni tipi di coronavirus, fra cui anche quello che, attualmente, sta terrorizzando il mondo.
Il ripiegamento proteico (in inglese protein folding) è infatti la fase attraverso la quale le proteine ottengono la loro struttura tridimensionale. Il ripiegamento avviene sia contemporaneamente alla sintesi proteica, sia alla fine di quest’ultima. Si tratta di una sorta di auto assemblamento intramolecolare al termine del quale la proteina assume la sua funzione specifica.
Sia per il coronavirus che per la Sars il primo passo dell’infezione avviene nei polmoni, quando una proteina sulla superficie del virus, definita “spike” si aggancia a una delle cellule polmonari. In altre parole la proteina spike è quella che il virus utilizza per aggredire le cellule e invaderle per moltiplicarsi. La sua mutazione ha consentito al Covid-19 di fare il cosiddetto salto di specie da pipistrello a uomo, forse con altri passaggi intermedi.
Dato che le proteine non sono stabili, ma modificano la propria struttura (“si piegano”), per assumere numerose forme, è necessario studiare non solo una forma base, della proteina spike, ma tutti i modi possibili in cui la proteina potrebbe mutare. Con questi risultati si potrebbero aiutare i ricercatori a sviluppare farmaci in grado di contrastare l’infezione.
Sin dalle prime apparizioni del coronavirus SARS-CoV-2, iniziata a dicembre 2019 nella città di Wuhan (e successivamente diffusasi in diverse nazioni del mondo), l’università di Stanford, cerca volontari che mettano a disposizione i propri PC per aiutare la ricerca sul Covid-19, la malattia causata dal nuovo coronavirus.
Una simulazione informatica in grado di effettuare una ricerca sul ripiegamento della proteina spike, richiede un’elevata potenza computazionale, data la notevole complessità.
Il progetto Folding@home consiste nell’utilizzazione della potenza di calcolo dei PC dei partecipanti, durante le fasi di inattività delle macchine. In pratica, viene sfruttata la potenza di calcolo condivisa da milioni di PC, solo quando questi ultimi non impiegano risorse, cioè non svolgono nessuna azione, anche se accesi.
Per partecipare bisogna scaricare un software specifico sviluppato dall’Università di Stanford, in questo modo le risorse inutilizzate della CPU del proprio computer finiranno per alimentare le attività del Consorzio Folding@home, dove i team di ricerca, lavorano per studiare il modo con cui è possibile contrastare la minaccia del coronavirus. Il software è disponibile, gratuitamente, per diverse piattaforme basate su sistemi operativi Microsoft, Mac e Linux, dal sito https://foldingathome.org/.
Con la condivisione di risorse, finalizzate a raggiungere un obiettivo comune, è possibile aumentare le probabilità di successo, per ottenere al più presto possibile un rimedio efficace al Covid-19.
Gli iscritti al progetto sono aumentati del 1200% nelle ultime due settimane, facendo registrare oltre 400.000 nuovi utenti e raggiungendo una potenza di calcolo, superiore a 7 dei più potenti supercomputer al mondo combinati insieme.
Si tratta di un segnale che lancia un messaggio di speranza, perché fa capire la misura di come il vecchio detto “l’unione fa la forza”, non si riduce ad un semplice proverbio, ma assume un significato più ampio e decisamente più concreto. Ognuno di noi, può fare la sua parte, per contrastare il coronavirus, indipendentemente dal modo, bisogna rimanere uniti, con la consapevolezza che dall’unione di tanti sforzi e dalla condivisione delle risorse a disposizione, si raggiunge lo stesso scopo.
Nicola Scardina
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