La Sicilia nella gestione dei rifiuti è molto debole, e nessun piano rifiuti lungimirante si intravede a livello regionale come non si riesce a trovare alternative alle discariche isolane che sembrano non interessare (chissà perché) l’agenda di governo. Questa situazione di stallo continua a creare un sempre più pericoloso inconveniente: l’incremento continuo e pericoloso delle discariche.
Ormai tutte le discariche dell’isola sono al collasso e la loro capacità di “bancare” rifiuti è al limite, in molti casi in deroga.La rigida disciplina comunitaria sulla gestione dei rifiuti pone la Sicilia in gravi difficoltà. Le discariche, come dicevamo, sono sature e non è facile farne nascere di nuove; ed allora si va di emergenza in emergenza e si rischiano seri pericoli per la salubrità dell’ambiente nelle loro vicinanze.
Un esempio per tutte è Bellolampo, un sito giunto ad “ospitare” una montagna di centinaia di metri in altezza di rifiuti stipati in enormi vasche di contenimento e l’ultima vasca, la quinta, da oltre un anno ha superato il bordo, cioè la sua capacità massima. La sesta vasca è ancora in lavorazione e, una volta attivata, incrementerà i danni arrecati all’ambiente che in quella zona ne ha già prodotto di incalcolabili.
I termovalorizzatori sono rimasti sulla carta, non sono in programma e, comunque, ormai è troppo tardi per costruirli. Ci vorrebbero anni. Probabilmente finirà con il portare i rifiuti fuori dalla Sicilia e se già la TARI è alle stelle rispetto al nord del paese, altre spese si dovranno affrontare per il trasporto dei nostri
rifiuti fuori regione. Le “ecoballe” potrebbero consentire il trasferimento dei nostri rifiuti in Liguria ed in altre regioni del centro nord per alimentare i termovalorizzatori.
Oggi non rimane ai siciliani che una sola alternativa valida ed ecologica: fare la differenziata e lasciare alle discariche solo la parte residuale. Si calcola che ogni famiglia, in percentuale sul totale, possa smaltire in differenziata circa il 70-80% dei rifiuti prodotti. Una cifra elevata che, però, per essere raggiunta ha bisogno di due condizioni: la prima riguarda la capacità reale di ogni famiglia a differenziare il rifiuto e la seconda legata agli impianti di recupero del materiale riciclabile.
Se da un lato la sensibilizzazione delle famiglie può aumentare la percentuale dei rifiuti differenziati e, soprattutto, la loro qualità, il discorso degli impianti è ben diverso. Per creare in Sicilia una rete di impianti in grado di gestire l’enorme flusso dei materiali differenziati occorreranno anni. Va ricordato che negli ultimi vent’anni si è fatto poco o nulla per incrementare la “differenziata” ed oggi continuiamo a pagare il ritardo “doloso” che il popolo siciliano ha subito per colpa delle enormi difficoltà che la burocrazia regionale ha messo in campo per “ritardare” l’attivazione degli impianti di recupero.
Oggi la nota più dolente è la frazione umida. Questa tipologia di rifiuto differenziabile pesa per il 30-40% del totale. Dall’umido comunque si potrebbero creare humus e ammendanti per l’agricoltura.Si alimenterebbero le compostiere di lombrichi che creerebbero preziosi terricci per l’agricoltura. Per non contare sull’incremento di questa tipologia di impianti che, oggi, in Sicilia già recuperano l’umido ed in questo caso non servirebbe una mano, …ma un solo dito. E basta riportare l’attualità alla situazione di Bagheria che oggi invia l’umido prodotto a Catania (un viaggio di ben 400 km tra andata e ritorno, con mezzi a nolo).
Un servizio che oggi Bagheria, cioè i bagheresi, pagano la bellezza di 200 euro a tonnellata.
Tirando le somme, non si può sapere quanto viene a costare un chilo di umido smaltito correttamente.
Se invece l’impianto fosse vicino al territorio le spese sarebbero meno pesanti per i conti aziendali dell’AMB e, inoltre, i cittadini potrebbero recarsi nell’impianto di compostaggio e ricevere gratuitamente
humus per gli orti ed il giardino. Da noi, a Bagheria, l’attuazione di questo sistema sembra un sogno con fantasie visionarie invece nei grandi e piccoli paesi, soprattutto della Lombardia, sono realtà esistenti da decenni.Infine ultima, e non meno importante; la valutazione del ritorno economico sulla differenziata.
Se fosse ben fatta, cioè, se il materiale recuperato si dimostrasse idoneo in purezza, le filiere di recupero lo verrebbero a pagare molto bene con beneficio per le casse del comune e per quelle
dei cittadini con una notevole riduzione della TARI e ne saremmo tutti felici e contenti. Purtroppo stiamo sognando, la realtà è drammaticamente un’altra. In paese i sacchetti di “munnizza” sono ovunque e questo toglie risorse ed energia per rimuoverli da dove vengono buttati.
Gli impianti regionali, per conferirli, sono insufficienti e di vecchia generazione ed il connubio con l’inefficienza della burocrazia regionale contagia anche il senso civico di molti cittadini bagheresi che continuano con il loro modo di intendere “il bene comune” a mantenere un comportamento incivile nell’abbandonare rifiuti indifferenziati per strada mantenendo così alta la percentuale già drammaticamente elevata di inciviltà.
La speranza, però, di una Bagheria del futuro pulita deve impegnarci tutti ed anche a piccoli passi verso la giusta direzione. In questo senso il 50% di differenziata nel mese di ottobre ci permette di essere speranzosi per un futuro e solidale per l’intera comunità di Bagheria.
Emanuele Tribuna
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