Quello che stiamo vivendo è un periodo complesso, senza precedenti, e per questa ragione per certi versi anche ingestibile. Sì perchè, al di là del prontuario di regole finalizzate alla non diffusione del virus che ci
è stato comunicato dal governo, nessuno di noi era preparato ad una situazione come questa e sa fino in fondo come gestirla. 11
Tutte queste cose le sappiamo già. Ce le sentiamo ripetere in maniera martellante da marzo e le ripetiamo a noi stessi, mentre seguiamo, spesso ossessivamente, la moltitudine di programmi che i palinsesti ci offrono, come se prima o poi uno dei tanti “esperti” del momento possa rivelarci la magica formula per uscirne.
Gli inviti a far attenzione, stare a casa ed evitare ogni azione superflua e che potenzialmente esponga noi e chi ci circonda a dei rischi, ci giungono di continuo dal governo nazionale in primis e poi via via da quelli regionali e non ultimi comunali. Proprio in una delle sue recenti dirette facebook, quella del 20 novembre scorso, il nostro sindaco Filippo Tripoli, generalmente molto pacato e a tratti flemmatico, come si confà al suo ruolo di punto fermo per la comunità che amministra, si è abbandonato ad un breve sfogo, come da lui stesso definito.
Qui non si vuole far politica o giudicare in alcun modo l’operato di chi ci governa, anche perchè è tale la situazione che, lasciatemi dire, nessuno si sarebbe voluto trovare nei suoi panni. Di sicuro un mandato in epoca di pandemia non penso possa far gola a chiunque sia dotato di intelletto. Ma tornando al fulcro
della questione, quello del sindaco è stato un legittimo e chiaro invito nei confronti della nostra comunità e dei suoi membri all’autocontrollo, perchè troppo spesso si tende alla deresponsabilizzazione,
appellandosi al ruolo delle istituzioni e delle forze dell’ordine, che consiste proprio nell’assicurarsi che le regole vengano rispettate, come se invece senza l’altrui controllo ed eventuale sanzione, ognuno di noi sia libero di agire trasgredendo sino a che, chi di dovere, non provveda a punirci.
Il nostro è uno stato di diritto, dove dunque vengono assicurati la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell’uomo. Ma cos’è la libertà? Di certo non è la possibilità di far qualsiasi cosa si voglia, è più un privilegio, come mi piace definirla, un vero e proprio strumento dal quale deriva una responsabilità.
Ad ogni scelta va infatti associata una previsione delle conseguenze, una stima di danni e benefici che ricadono non solamente su di noi, ma con un sovente incontrollato effetto domino, anche su coloro che ci circondano.
Come spesso accade le parole del sindaco sono state travisate e male interpretate, come se ci volesse essere un recondito intento di formare una nuova categoria di “sceriffi” con il compito di redarguire
ogni gruppo di ragazzini o anziani che si assembra per le nostre vie, e volendo così inoltre giustificare le eventuali mancanze delle forze dell’ordine, oberate dal momento difficoltoso.
La mia sarà forse una visione troppo sentimentale e a tratti di sovrastima nei confronti del prossimo, ma è davvero mai possibile che se non viene il carabiniere di turno a multarmi perchè sto lì a sorseggiare, insieme a cinque amici, il mio caffè davanti il bar tal dei tali, io non debba essere in grado di farne
a meno e basta? È mai possibile che i genitori di quei ragazzini che al mattino stanno a casa per la dad,
perchè è vero che ad aver contatto con docenti, personale scolastico, compagni che a loro volta hanno genitori che per forza di cose lavorano e uscendo di casa tutti i giorni si sottopongono a rischi, rappresenti un pericolo per la diffusione del virus, ma quegli stessi genitori sopracitati, davvero non sono in grado di far comprendere ai loro figli che sia quanto meno poco coerente assembrarsi nelle ore pomeridiane?
È mai possibile che gli anziani che ancora affollano le nostre piazzette non abbiano figli, nipoti, amici che sappiano chiarirgli i rischi e corrono con questa loro superficialità? Anche il mio è forse uno sfogo, sfogo di chi, senza voler riconosciuto alcun tipo di merito, si sforza ormai da tanti mesi di far attenzione, di rispettare le regole, di evitare tutto ciò che non sia davvero indispensabile perchè prima o poi questa situazione possa passare. Lo sfogo di chi è stanco di sentir parlare di lockdown ad intermittenza perchè in estate abbiamo dovuto far ripartire il settore turistico e ora a natale dobbiamo dare un bell’impulso all’economia del paese che, lasciatemi riconoscere, arrancava già prima della pandemia, figuriamoci adesso.
Come se le nostre sorti possano dipendere dalla vendita di panettoni o pandori, cotechini e lenticchie come input per rimettersi in carreggiata, per poi finire di nuovo chiusi in casa dal 7 gennaio perchè si sa, l’Epifania tutte le feste porta via ma non la pandemia…
Qui prima di ogni altra cosa si tratta di educazione, e come la definì il regista di “Centochiodi”, Ermanno Olmi, «l’educazione non è il rispetto delle regole, ma il rispetto degli uomini», di noi stessi e degli altri. Questa volta, per la prima volta e non so, forse ultima, non mi sono limitata a raccontarvi una notizia, a documentarmi per documentare voi.
Questa volta ho voluto provare a capire, da cittadina di questa comunità, cosa passi per la testa dei
miei concittadini, vicini di casa, amici, parenti, persone che forse non conoscerò mai, cosa li spinga alla totale irresponsabilità. Mi spiace deludere i consueti lettori di queste pagine, già sconcertati probabilmente dal repentino quanto temporaneo cambiamento della mia penna, ma no, non lo capisco proprio.
E non mi resta che sperare quindi, in cosa non so ancora, ma comunque sperare che quello che stiamo vivendo passi, con le innumerevoli conseguenze con cui si dovrà convivere, nostro malgrado a lungo, ma che passi, e nel frattempo continuare a rispettare gli uomini, prima ancora che le regole.
Sara Abello
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