Natale al fronte… quelle masse di soldati ammucchiati in quelle immense caserme tra Gorizia e Trieste

E arrivò anche il giorno di Natale, sotto la neve, freddo e gelo, senza forza, eravamo nati tutti per la Guerra e dormivamo per terra, in buche mezzo al fango, in trincee scavate nella roccia, senza mai lavarci, tanta fame, qualche patata cotta nell’acqua, un poco di sale, è un grande lusso, lassù, al fronte, il rancio non arrivava da tempo, siamo come tanti crocifissi, leggeri voliamo al vento, facce scavate con le barbe lunghe, occhi scavati, quando ci si incontra tra paesani è festa, abbracci e ricordi, ma ci raccontiamo i guai, i morti, gli attacchi, non è una guerra questa ma una distruzione umana, moriamo grandi e piccoli, vecchi e giovani, ragazzi, tanti ragazzi, troppi figli di madre, ci piange il cuore a pensare che è Natale.

Era il 25 dicembre del 1917, ormai era due anni che eravamo in guerra, il passato mi scorreva davanti gli occhi come in un film, in un lampo ricordai la partenza da Palermo con la tradotta carica di soldati in grigioverde, passammo lo stretto di Messina con la vecchia Caronte. Il Car a Treviso e poi subito in prima linea, quanti giovani di Ficarazzi, di Bagheria, di tutta la Sicilia che c’eravamo! La grande guerra, quella del 15/18, ma poi perché questa guerra? Ce lo chiedevamo mentre tiravamo cavatoni da gavette untuose
io e Simonetta Antonio, 38 anni, Ciro Scianna 26 anni del 143° fanteria, che avevo perso nella battaglia di Campodoro, insieme ai miei compaesani Angileri Onofrio, artigliere 26enne e Ciro Giallombardo, 22enne del 25° fanteria.

Eravamo all’oscuro di tutto, tra quelle masse di soldati ammucchiati in quelle immense caserme tra Gorizia e Trieste, nei boschi sopra Spilimbergo e Sequals, fu lì il nostro battesimo del fuoco. Sul Carso in diverse offensive all’arma bianca, guidati da ufficiali intrepidi votati alla morte persero la giovane vita Bona Giuseppe del 221° e Bartolone Antonino del 21°, era il 17 settembre del 1916; tra i primi a morire erano quelli della fanteria, le cosidette truppe d’assalto mandate allo sbaraglio contro mitragliatrici che non smettevano mai di cantare morte; ma era il Reggimento Genio che contava tra i nostri compaesani molti caduti, il 1° Battaglione Genio perse uomini sul Carso come Martorana Salvatore di 21 anni, Lo Galbo Giuseppe 19enne, Puleo Mariano 20enne, La Tona Gaetano 20enne, il ficarazzoto Cesarò Rosario 39 anni; sempre sul Carso morirono Santino Mazzola, Giammanco Giovanni 22enne, La Bianca Michele 20 anni e Scardina G.Battista 30 anni, tutti del 222° fanteria, tra Asiago e Mossa. Tutti i nostri ragazzi furono coinvolti nei tanti scontri a fuoco che culminarono nell’ottobre del 1917 con la ritirata di Caporetto e lo sfondamento della linea del Piave.

Fu la disfatta, migliaia di morti e feriti, oltre ai dispersi e i prigionieri fatti dalle truppe austro-ungariche, in quelle battaglie morirono i ficarazzoti del 63° fanteria Pace Mariano 25 anni, Roccaforte Antonino 27
anni e Licciardi Gaspare di 19 anni, i bagheresi Blando Giuseppe di 20 anni del 41°, Di Liberto G. Battista 33 anni, Guida Antonino 31 anni, e Morsicato Antonino 35 anni da Ficarazzi, tutti del 146°. In quella
ritirata caotica, senza guida e aquasi abbandonati morirono in tanti ficarazzoti, come Domino Ignazio 21enne, Menna Antonino 26 anni del 31° bombardieri, Pace Vincenzo del 130°, Macchiarella Totò
23enne, artigliere, Pedone Santo 9° Fanteria; da lì ebbe inizio la guerra nelle trincee, tra fango e pietraie, mortai contro cecchini, mitraglieri contro un solo colpo che arrivava dal buio.

Chi sono i nemici? Boh! –“…i tedeschi…!” esclamava Carlo Cianciolo 122° mitraglieri, -“…ma chi li vede questi nemici?” rispondeva Filippo Greco della stessa compagnia di Carlo. Il tempo era da lupi, pioveva ogni giorno, nevicava, la sera calava la nebbia e faceva scuro, tutto nero, sembrava l’inferno, era l’inferno! Sporchi sfardati, demoralizzati, senza vestiti e senza scarpe, il fiato degli asini ci dava il calore, quando non se li mangiavano. Monte San Michele, Monte Zebio, Monte Val Sagana erano una coltre di bianco, sotto il loro fianchi in tanti dopo vari assalti, eroicamente ci lasciarono le loro giovani vite, tra loro Mineo Michele 30 anni, del 41°, Bartolone Giuseppe 20 anni e Santisi Rosario 23enne del 222° fanteria, Favuzza
Giuseppe 22enne del 53°, Tomaselli 28enne bersagliere, Ticali Gioacchino 20enne del 1° Genio, Sparacino Antonino 22enne artigliere del 40°, Speciale Alberto 32enne del 47° fanteria, Siragusa Vito 38enne del 222°, Scordato Mariano 25enne del 142°. Per quella volta Gasparino Licciardi e Michele La Bianca
furono fortunati, rientrarono sani e salvi ma poi morirono negli assalti finali sul Tagliamento quasi un’anno dopo.

Il giorno in retrovia e l’ora passavano lentamente, noi ficarazzoti superstiti, insieme ai baarioti ci scambiavamo sigarette e qualche tozzo di pane e poi parlavamo dei nostri paesi, del nostro mare, il sole
tanto desiderato. Ciccio Cuccio, finanziere del XVI battaglione Reale, parlava del Castello, dei balli, delle zite, delle serenate; Balduccio Marsala, anche lui finanziere ricordava il mare, la marina, la regia trazzera e ci raccontò che nell’ultima licenza vide il mare che si mangiava il camposanto. Zero luci, silenzio, solo qualche luce delle linee nemiche al di là del Natisone.

Merlino Giuseppe aspettava inutilmente notizie dei suoi anziani genitori, lui aveva 24 anni ed era del 23° fanteria, quasi tutti morti e si era aggregato agli sbandati. Tutti pensavano ai loro vecchi, alle loro campagne, non coltivate, abbandonate, fame qua sopra e fame lì sotto dicevano. Caporetto, Vittorio Veneto, da lì riparte la controffensiva dell’esercito italiano, dal Piave, ma nessuno ne parla, qualcosa è nell’aria, non è solo Natale!

Continua la fame, la brodaglia, c’è l’agonia dei feriti, ad alcuni cedono i nervi, qualcuno piange in silenzio. Il gruppo dei siciliani è unito, si tenta di restare unito ma la linea del fronte è lunga, larga, ci
dividono. E’ la sera di Natale facciamo ruota e ci stringiamo stretti per non sentire freddo, i bagheresi Speciale Domenico, Greco Domenico 1° Genio, Visconti Pasquale, mitragliere, Gattuso Giovanni,
Aiello Orazio 2° Genio, insieme ai ficarazzoti Bonanno Vincenzo, artigliere, Guglielmo Giovanni 21 anni bersagliere, al caporale Intonazzo Francesco 24 anni, mitragliere, Saverino Rosario 23enne artigliere, Teresi Giovanni 35 anni 22° fanteria, restammo a pregare in quella Santa Notte, e a parlare delle nostre
Chiese, la Madrice, il Sepolcro, le Anime Sante, San Pietro, Sant’Atanasio, San Girolamo, San Francesco, le Messe che quella notte sarebbero state dedicate a tutti quei figli di Madre che erano lì a morire per qualcosa che a loro era sconosciuto, sì, dicevano per la Patria, vabbè…

La notte era fredda, il cielo era pieno di stelle, blu forte, era prevista una forte nevicata, quanto era lontana Bagheria, Ficarazzi, Palermo, lo stradone polveroso, il Crocifisso piangente, le Processioni, quella della Madonna dedicata a noi, ci vengono i brividi, il cuore si sparda al pensiero delle madri, col rosario in
mano a pregare, alle lacrime delle tante giovani moglie con i piccoli figli, già si vedono vedove con orfani attaccati alle gonne nere, che Natale sarà dalle nostre parti, lo faranno lo sfincione, “dai quello nostro è ppiù buono…ma tu vuoi mettere u sfincione bianco con quello tutto cipolle e sugo…” si rideva per non
piangere, “…mancu una tummulata nnì putemu fari…”.

La tregua dura poco, appena passa la mezzanotte, nato il Bambino Gesù iniziano di nuovo a bombardare, le bombe, le granate squarciano il filo spinato, fanno crateri profondi, le trincee crollano, c’è l’assalto
all’arma bianca, con nla baionetta, la neve si macchia di rosso, il sangue innocente di noi giovani, incolpevoli per tanto orrore di tante tragedie.

Non c’è più Cristo in queste terre non c’è più religione, solo dolore e morte! E’ l’alba, è Natale, non si spara, in lontananza s’ode il suono struggente di un violino, il cui suono, dolce e delicato, ci riporta al
presente, terribile, violento. Ero rimasto ferito, salii su un carro malandato, scesi giù dalle parti di Ronchi dei Legionari, quella fu l’ultima volta che vidi i miei paesani, i baarioti, c’era Di Cristina Biagio, Pinuzzu u Funtana, Pippinu Gandolfo, Nino Giallombardo, Mommo Grassadonia, Ciccio Gagliano, Pinuzzu Gargano, Minico Firenze, Michele Ducato, Pinuzzu Cirrincione e tanti tanti altri, mentre mi allontanavo incrociavo i loro sguardi, con la mano li salutavo e loro mi gridarono –“…talè, un tì scuiddari ri salutarini u paìsi…”.

Non li ho più rivisti, all’ospedale di Gorizia incontrai uno dei Scaduto della Puntaguglia e seppi che erano tutti morti nell’ultima battaglia ricacciando oltre il Piave gli austriaci, morti eroicamente per la difesa della Patria… Il 4 Novembre 1918 la guerra era finita, 120 giovani soldati bagheresi e 48 giovani soldati ficarazzoti non tornarono più nei loro paesi, lasciarono la loro vita tra le spoglie montagne del Carso, tra le acque del Piave e dell’Isonzo per una causa a molti di loro sconosciuta.

E’ Natale ricordiamoli con affetto, sono tutti padri, figli, fratelli, parenti nostri…

Giuseppe Morreale



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