L’anno 2017 non fu un anno proprio tranquillo per villa Cattolica, sede del Museo Guttuso, dove si erano appena spenti i pomposi e pirotecnici festeggiamenti, alla fine del 2016, per la riapertura, dopo quasi un anno di chiusura per i lavori di ristrutturazione.
Già dai primi mesi del 2017 si registrarono eventi strani tra i vari percorsi museali dell’imponente struttura dedicata al pittore
bagherese Renato Guttuso. Va prima ricordato che nel 2010 avvenne l’assurda chiusura al pubblico per consentire lo svolgersi di un matrimonio privato richiesto da un amministratore di un comune vicino, “molto amico” di un collega bagherese. Nel 2014 si decretò la chiusura della villa, questa volta per colpa del dissesto finanziario e, contestualmente, dei registri stranamente “scritti a matita” che diedero l’avvio a indagini da parte delle forze dell’ordine.
In quell’occasione ricordo che intervenne Fabio Carapezza il quale minacciò di riprendersi le opere donate dal padre adottivo
se la struttura non fosse stata riaperta al pubblico. Dopodiché i cancelli furono riaperti molto velocemente. Nel mese di marzo del 2017, quindi subito dopo la pomposa riapertura, scompare il quadro di Pippo Madè “La Barricata” ed al suo posto spuntò la tela di tale Turi Simeto di Alcamo, un artista molto vicino ad un espositore in attesa di essere “esposto”.
Qualche giorno dopo Madè, messo a conoscenza della scomparsa, non la prese tanto bene e nella sua pagina facebook dichiarò: “Dopo la sontuosa inaugurazione del “Museo Guttuso” alcuni amici, i quali si sono recati, nei giorni scorsi, a vedere le tante opere esposte ed in particolare desiderosi di vedere la mia opera “Barricate a Palermo 1848″, così preziosamente esposta all’entrata del piano nobile di Villa Cattolica, per volontà della direttrice Dora Favatella Lo Cascio, hanno scoperto che l’opera non risulta più fruibile, perché spostata al secondo piano dell’immobile, attualmente inibito al pubblico”.
L’artista palermitano aggiunse: “Tengo a precisare che la Favatella Lo Cascio venne più volte a farmi visita chiedendo espressamente quest’opera che, a suo dire, le avrebbe consentito uno studio particolare ed alla quale, così come ho già riferito, avrebbe dato un posto di risalto. Aggiungo altresì che l’opera in oggetto, grazie alla lungimiranza di mia nuora Claudia, non è stata donata a detto Museo, ma solo affidata in “comodato d’uso gratuito”.
Alla fine dietro pressioni si riuscì a far calmare Pippo Madè e la sua tela tornò ad essere esposta. Meno fortunata fu la vicenda che qualche mese dopo interessò l’esposizione di altre opere a Villa Cattolica. Quella volta, (maggio/giugno 2017), scomparve un dipinto di Giampaolo Berto, “Testa di Animale”, un piccolo quadro rubato grazie anche alla mancanza di un impianto funzionante delle telecamere interne.
Qui il furto, o lo spostamento, avrebbe potuto riguardare soltanto personale interno visto che il museo era chiuso da diverse
settimane e ciononostante una cerchia molto ristretta di potenziali ladri d’arte avrebbero avuto accesso, agevolato dalla chiusura al pubblico.
E’ stato dichiarato, che accompagnati da fidatissimi consulenti, alcuni (o tanti) visitatori sono tranquillamente entrati lo stesso ed hanno potuto girare indisturbati per le sale del museo. A questo punto, ci si chiede come mai in un museo inibito ai
visitatori siano entrate persone “amiche” per visitarlo? Infine occorre sottolineare che nei giorni scorsi la Corte dei Conti
non solo ha sentenziato l’estraneità ai fatti dei due funzionari comunali Bartolone e Raspanti, scagionandoli da ogni responsabilità e danno erariale all’ente, ma ha risarcito gli stessi condannando il comune di Bagheria alle spese legali e al
pagamento di 700 euro a ciascuno dei due funzionari comunali
Michele Manna
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