Introduzione
L’odonimo è il termine indicante il nome proprio assegnato a una via, a una piazza e più in generale ad ogni area di circolazione. Il termine odonomastica si riferisce ad un corpus di odonimie al relativo studio. In passato la formazione di odonimi non era regolata da norme ma gli abitanti di una determinata città o paese si orientava attraverso punti di riferimento creando così odonimi popolari.
Solo in epoca moderna infatti si registrano iniziative sui nomi delle vie cittadine, per sostituire dei nomi o per denominare nuovi assetti urbanistici.
Metodi di indagine
Attraverso questa indagine sono riuscita a ricostruire i vari odonimi di origine popolare, alcuni ancora oggi diffusi e altri non più esistenti. L’indagine è stata realizzata tramite interviste strutturate a risposta libera e interviste semistrutturate a risposta libera a uomini e donne di diversa fascia d’età e in contesti di vita ben diversi.
In particolare, le informazioni sono state raccolte tramite audio registrazione presso le abitazioni degli intervistati. A causa
dell’emergenza sanitaria da SARS-COVID- 19 alcune interviste sono state svolte attraverso l’ausilio di amici che hanno
raccolto audio di interviste ai loro parenti. Infine va precisato che non tutti gli odonimi popolari raccolti sono stati analizzati e
motivati durante le interviste.
Bagheria: città delle vacche?
Durante le interviste molti informatori, prima di rispondere alle mie domande, mi chiedevano: “Ma lei u sapi pirchì si chiama Bagheria? Prima si chiamava Vaccheria!” Questo confronto fa capire l’interesse da parte degli intervistati nel voler ricostruire l’etimologia della parola Bagheria.
“Ca…tutti i vacchi avievanu. Un c’era na famigghia ca almenu una vacca un l’avieva e si chiamava Vaccheria e poi strada facendo i politici a puittaru prima a Baavaria e però ddoppu ri Baavaria nasciu Bagheria. Però io ri picciriddu, quannu iava a scuola, già si chiamava Bagheria”
Il toponimo Bagheria avrebbe origine dal punico Bayharia cioè zona che discende verso il mare oppure dall’arabo Bahriyya “lato mare/marina” o addirittura da Baqar, sempre dall’arabo, che significa “vaccheria”. Sono stati gli storici e gli studiosi ad
affermare questa etimologia, come il professore Gustavo Strafforello, Giordano Cascini e Vito Amico.
Si dice anche che Bagheria possa derivare dall’arabo Bab el Gherib “porta del vento” ma questa dicitura non è testimoniata in nessun documento storico. Sul dizionario siciliano a cura di Giorgio Piccitto, invece, si legge che i vocaboli “Bbaria” e “Bbuaria” significano rispettivamente “terreno destinato al pascolo/stanza per i buoi”.
Ma può quest’ultima analisi ricostruire l’etimologia del nome Bagheria?
Molti linguisti rimangono convinti dell’origine araba della parola, anche perché dal 1200 in poi non risulta che nel nostro territorio ci siano stati allevamenti di bovini soprattutto per la mancanza di terreni destinati al pascolo. Forse, in un secondo momento, quando andava esaurendosi la ricca vegetazione che copriva il territorio bagherese, sarebbero sorti questi allevamenti.
Questa teoria possiede più forza se facciamo riferimento ad un’oasi abitata da circa diecimila abitanti nel deserto libico, al sudovest del Cairo, che prende il nome di Barhiya o Baarhiya, così come viene pronunciata ancora oggi, in dialetto, Bagheria
U’ Stratunieddu
U Stratunieddu (corso Umberto I) U stratunieddu, è l’attuale Corso Umberto I che si estende dalla chiesa Madre all’attuale
ingresso di Villa Palagonia. Questo si distingue da U Stratuni, odonimo popolare indicante il Corso Butera che inizia dal quartiere Punta Aguglia fino ad arrivare al Palazzo Butera. “iera a prima strata ca costruieru, ddà si passiava”
Fondamentale era la presenza di numerosi bar storici come il bar Aurora e il bar Carmelo (Nnì Caimminu o è pilastri). Il bar Carmelo era un piccolo chiosco situato all’interno del pilastro a sinistra dell’immagine sopra, divenuto principale punto di riferimento domenicale per i cittadini bagheresi.
Alla vista di questa fotografia l’informatore, emozionato, racconta i bei tempi della sua gioventù: “Ah, mi! Quantu ci travagghiavu ddocu, all’Aurora un ciera un matrimuoniu a cui mancava, puru accussì ni me ‘zzù Caimminu, puru Carrubba, nnì Carrubba si mancava io … unn’era matrimuoniu.
Aspetta, perché il Bar Aurora faceva matrimoni?
Mii…iu facieva tri, quattru matrimuoni ò jornu. C’era la sala prima. A’ Sala Aurora. “Vinnieva acqua cù zammù e belli iris fritti
Vinnieva puru a grattatella”
Rosa Ficano
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