Un sogno in cambio di un sogno…così, con questo esergo tratto da Platone, inizia I fiori blu di Raymond Queneau, libro che mi ha stregato quando ancora arrancavo sui banchi liceali. Ne trassi la suggestione che i sogni sono tutto o quasi tutto per ogni persona davvero libera. E se c’è una cosa di cui oggi abbiamo assoluto bisogno, non è solo la capacità di sognare, ma di dar corso ai sogni, di provare a tradurli in realtà.
Sapendo che anche quando non ci si riuscisse, non si andrebbe perciò incontro al fallimento: un sogno non realizzato fa da lievito per altri sogni. Se quel sogno non sappiamo o non possiamo realizzarlo, saranno altri a farlo per noi. C’è invece chi, anche in questo presente disperato e disperante, riesce a trasformare la materia dei propri sogni in pezzi di mondo, in esperienze dell’anima, in emozioni e avventura.
È ciò che ha fatto un nostro concittadino, la cui amicizia mi onora come poco altro: ristoratore di tradizione familiare e per scelta; orgoglioso nipote di un carrettiere; lettore compulsivo di somma intelligenza e di una capacità interpretativa di cui spesso vedo sprovvisti gli addetti ai lavori; uomo leale, coraggioso e inquieto. Di quell’inquietudine che mai nuoce
agli altri, ma che spinge a misurarsi sempre con sé stessi, con le proprie passioni, con il proprio modo di vedere la vita. E di viverla.
Nino Buttitta, una settimana fa, ha attrezzato il suo carretto (passione trasmessagli dalla consuetudine di vita col nonno) come i canestoga che da bambino vedevo raffigurati nei fumetti western. E con quel carretto, trainato da Gandalf il grigio – splendida creatura, un percheron di maestosa bellezza e intelligenza – si è incamminato da Bagheria verso l’Etna, destinazione Piano Provenzana.
Traversare la Sicilia, il suo cuore, a passo di cavallo. Perché? Difficile anche per lui, forse, dare una risposta. È una pulsione emotiva profondissima quella che ha messo Nino on the road, insieme al suo Gandalf: e certe emozioni, come ha detto lui, non ci sono parole che possano descriverle o soldi che possano comprarle: si vivono e basta! A chi gli ha chiesto l’origine di tale bisogno di emozione, Nino ha risposto di avere sentito una voce in sogno, e di essersi fermato ad ascoltarla. Quella voce
ha fatto emergere, pian piano, un bisogno ancora più profondo, ancestrale… quello di rallentare la sua corsa, di accordare
il ritmo della vita quotidiana con il battito cardiaco, di accostare ciò che vedeva in sogno a ciò che avrebbe potuto avere davanti agli occhi.
Per questo ha scalato le Madonie e si è inerpicato sui Nebrodi, per fermarsi infine dopo aver resistito ai gelidi rigori di questa strana primavera che con il suo ingresso ci ha portato gli unici giorni di inverno degli ultimi mesi – davanti alla maestà della “muntagna”. E poi scalarla, col passo cadenzato e assorto di chi vuole anzitutto mostrare rispetto per ciò che ha attorno. Per la natura e i viventi, tutti. Nino ha incontrato tanta gente in questo percorso lento e profondissimo, sconosciuti che gli hanno mostrato amicizia e riconoscenza, perché hanno intuito in quel cavaliere errante una scommessa decisiva contro la trappola in cui siamo cascati.
Se è vero che il viaggio è da sempre una delle metafore più efficaci per esprimere il senso dell’esistenza umana, Nino questa metafora, con la sua piccola ma donchisciottesca impresa, l’ha resa ancora più meravigliosa: perché più che ri-scriverla, l’ha
letteralmente incarnata, ne ha fatto azione e avventura… e se c’è una maniera nobile di omaggiare un sogno, oltre che raccontarlo, è provare a viverlo. E riuscirci. In una città, come Bagheria – che ha uno dei suoi atti costitutivi in alcuni versi della Galatea di Miguel de Cervantes, l’autore del famigerato Don Chisciotte della Mancha – non stupisce assistere alle gesta di un cavaliere errante. Un errare che ci dice anzitutto della rinnovata necessità dell’utopia: la quale non è necessariamente un luogo altro, ma lo spazio di resistenza e di persistenza del sogno che possiamo coltivare qui e ora, ad onta di un presente quanto mai brutto, sporco e cattivo.
Un qui e ora in cui riconoscere che anche il tornare alla routine, dopo avere avverato il sogno, è una benedizione.
Maurizio Padovano
28 Marzo 2021
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