Recentemente ho avuto modo di leggere un articolo inerente un intervento del Ministro delle finanze Franco, sul superamento dei divari territoriali fra Nord e Sud, che ha partecipato alla due giorni governativa intitolata “Sud progetti per la ripartenza”. Sul tema il Ministro non ha nascosto che “la dimensione del divario e la durata nel tempo indicano che il ritardo non può essere riassorbito solo con un piano di sei anni per quanto ben congegnato. Richiede invece una strategia complessiva di politica economica del Paese a partire dai fondi strutturali europei e dalla legislazione ordinaria”.
Per quanto sopra dichiarato, a mio modo di vedere, ben poco convince la sola strategia di politica economica, quanto piuttosto l’intervento di un mero e forte intervento politico da parte dello statalismo centrale. Col passare degli anni assistiamo inesorabilmente al divario tra Nord e Sud sempre più diviso e diseguale. La crescente percentuale di disoccupazione sudista indica il forte depauperamento di risorse umane e conseguentemente una crisi ciclica di sottosviluppo permanente.
La divisione del Paese in due sub-staterelli non è rappresentato dal solo mancato processo di sviluppo economico-sociale, quanto dalla condizione territoriale e culturale, da un tessuto sociale sudista poco incline allo sviluppo di modernizzazione, programmazione e per certi versi volutamente passivo e miope ad innescare un “nuovo” processo di cambiamento della condizione di esistenza quotidiana a scapito di un verificarsi incerto e timoroso. Siamo abbastanza consapevoli di accettare un presente garante di assistenzialismo che tuteli il popolo delle masse attraverso una sparuta classe dirigente, “classe privilegiata”, che si erge ad amministrare la popolazione attraverso il favoritismo comportamentale opportunista per il solo fine personalistico su cui basare le sorti di modello civis democratico.
Il Sud è un problema del Sud ! La stratificazione sociale e la disuguaglianza interna alimenta sempre più un fenomeno sperequativo tra gli stessi cittadini che vedono calpestati i propri diritti in forza di una contrattualizzazione politico-clientelare che alimenta il divario esistente tra l’industrializzato sviluppo economico del Nord e l’assuefazione assistenziale garantista del Sud. Non credo, come penso, che il Sud possa essere considerato uno degli obiettivi di rinascita prioritari
nel piano di ripresa italiano.
Troppe sono le differenze in ambito culturale, economico, sociale. A tal fine riporto un passo del libro scritto da Emanuele Felice (2013) “Perché il Sud è rimasto indietro” trattando l’annosa questione meridionale ed il netto divario tra nord e sud;
“Il divario tra Nord-Sud è sicuramente anteriore all’Unità d’Italia. Intanto fin dal 1848 Piemonte e Regno di Napoli prendono
strade diverse: sul piano istituzionale anzitutto, perché il Piemonte, futuro motore dell’unificazione, si avvia a diventare una
monarchia costituzionale, la quale, con Camillo Cavour e in sintonia con intraprendenti gruppi imprenditoriali, dispiega una
vasta attività riformatrice che modernizza la legislazione, le infrastrutture, il commercio, l’agricoltura, mentre a livello internazionale si mostra capace di rilevanti iniziative diplomatiche.
Il Regno delle Due Sicilie, invece, ricollocatosi nell’ambito delle monarchie assolute e isolato nel contesto europeo, si caratterizza per l’assenza di ogni impegno a modernizzare gli apparati fiscali, finanziari, giudiziari, risultando di fatto bloccata
ogni azione riformatrice da una bassissima pressione fiscale, ben accetta alla borghesia indigena e ai proprietari terrieri assenteisti” Ritengo che queste righe sopra riportate, rappresentano l’immagine di come una diversa strategia riformatrice può essere causa di un evidente divario generazionale che palesemente si ripercuote nella nostra quotidianità.
Fino a quando continuiamo ad accettare questa condizione di disagio sociale senza spinta, voglia di reazione, perenne insensibilità, a dir poco una superstizione del nostro destino, allora siamo artefici di un percorso destinato verso la terra del tramonto. Occorre ridare un senso e cercare di colmare, per quanto possibile, il divario tra i due Sub-staterelli. Ricominciamo da una nuova classe dirigente; l’anello debole del Sud è proprio l’istituzione di una classe dirigente, nuova, giovane, capace, competente, sganciata dai formalismi familiari del politico per generazione. Se riusciamo a credere nel cambiamento possiamo ridare un senso al prossimo futuro;
L’alternativa ? il Sud non è un paese per giovani.
Cordialmente
Nicolò Benfante
Potete approfondire con i seguenti suggerimenti:
Scopri di più da BagheriaInfo.it
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.