«Abbiamo sciupato tutta la giornata d’oggi dietro alle pazzie del principe di Palagonia; ma anche queste stravaganze ci son parse tutt’altra cosa di quel che fanno credere i libri o i racconti della gente.» Queste le parole che dedicava alla Villa dei Mostri Johann Wolfgang Goethe che, il 9 aprile del 1787, proprio il lunedì di pasquetta, visitava la dimora del principe Ferdinando Francesco II, il negromante, che morirà appena un anno dopo.
Proprio di questi giorni la ricorrenza del 234esimo anniversario da quando, l’allora trentottenne Goethe, giunto da
Napoli, varcò le soglie della villa insieme all’amico Christoph Heinrich Kniep, disegnatore e pittore anche lui tedesco, rimanendone, senza rendersene neanche conto, ammaliato, come ancora oggi avviene per i visitatori che, fatta eccezione per questa ormai lunga era pandemica, si recano a Bagheria da tutto il mondo per visitare Villa Palagonia.
Goethe giunse sino a Bagheria per la curiosità in lui indotta dai racconti dei molteplici viaggiatori che lo hanno preceduto, dirigendo la propria attenzione proprio su Villa Palagonia, tanto decantata dagli altri. Il suo resoconto della visita fu pubblicato diversi anni più tardi, e da questo emerse una visione, a mio parere, solo apparentemente negativa.
Goethe infatti fu prodigo di critiche nei riguardi del principe e della sua dimora, nonostante l’abbia visitata proprio nel pieno del suo fulgore, e nei suoi scritti ne descrive con un vero e proprio elenco, tutte le brutture, frutto della follia del suo proprietario che, di sicuro, pazzo non era. La descrizione così scrupolosa, l’aver coniato il neologismo “pallagonico”, aver forse attinto dalle insolite fattezze delle sculture di Villa Palagonia per la stesura della sua opera più importante “Faust”, di sicuro non ci ritraggono un disprezzo per il bene monumentale ma, contrariamente, un inaspettato interesse per tutte
quelle stranezze, inammissibile per uno degli esponenti del Romanticismo.
Si può disprezzare così tanto un’esperienza che ci ha segnati e il cui ricordo è rimasto indelebile e tangibile per tutto il corso della nostra vita? Bisogna dare atto infatti che la minuziosa descrizione offertaci da Goethe di tutto il complesso monumentale, insieme ai racconti delle atipiche abitudini del principe e delle storie che a lui stesso vennero narrate nel corso della sua visita, rappresenta oggi per noi un prezioso patrimonio dal quale attingere, dal momento che, purtroppo,
non rimane quasi nulla degli arredi interni della villa e che anche lo schema scultoreo esterno ha subito pesanti modifiche e una drastica riduzione nel corso dei secoli.
Positivo o negativo che fosse il punto di vista del filosofo tedesco rispetto a Villa Palagonia, a lui si deve di certo un ruolo cardine nell’aver contribuito alla sua fortuna, molti saranno infatti i viaggiatori che successivamente giungeranno a Bagheria per vedere la celebre “villa dei mostri” da lui narrata. Prosegue ancora, purtroppo, nell’incertezza generale, la chiusura
forzata della villa, che già dai primi anni ‘90 ha rappresentato un’eccezione nel suo panorama, rimanendo visitabile tutti i giorni, festivi compresi.
Alcuni mesi fa era stato proprio Antonio Mineo, amministratore del bene monumentale, ad anticiparci il buon auspicio di poter riaprire la dimora storica in occasione delle festività pasquali, proprio nel pieno della primavera, l’ultimo dpcm ha però stabilito ancora una volta la zona rossa su tutto il territorio nazionale in questa occasione e, purtroppo, non è ancora chiaro cosa sarà della Sicilia nei giorni successivi, proprio a causa della polemica esplosa nei giorni scorsi per via dei dati sui contagi falsati, che ha coinvolto, tra gli altri, l’ormai ex assessore alla sanità Razza. Inevitabile la costante prudenza dell’amministratore e l’impossibilità, ancora una volta, di far pronostici su quella che sarà la prossima stagione turistica.
Rimane altresì intatto l’augurio di poter tornare quanto prima a fruire di questi luoghi che mantengono inalterato il loro valore e l’atmosfera che si respira ed esula dal tempo e dallo spazio.
Sara Abello
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