In questa raccolta, composta da 10 racconti, Teresa Triscari si muove disinvoltamente su due fronti. Uno umoristico, l’altro sociale e storico. Coniuga il privato con l’impegno pubblico sostenuto anche dagli interessi poetici che affiorano con discrezione qua e là e che costituiscono un sottile legame, quasi una traccia, tra una storia ed un’altra. La scrittrice agisce tra la finzione letteraria e la realtà; si muove agevolmente nel territorio autobiografico e i racconti, sorretti da un’agile vena descrittiva, consentono di leggere senza le pregiudiziali per coloro che scrivono soltanto di sé e per sé poiché riesce a far convivere le sue diverse anime.
Apre la raccolta con una descrizione esilarante, un noioso e petulante moscone che non può far altro se non il suo dovere. Svolazzare a destra e a manca, zigzagando qua e là senza problemi. Anche Lui, l’esperto cacciatore di mosche e zanzare, sopraggiunto in soccorso, non riuscirà tra una penna e un prezioso vasetto di cristallo di Boemia, dopo le fatiche tipiche dei grandi cacciatori di mosche e zanzare, ad atterrare la “bestiaccia” che indifferentemente senza alcun pudore trova asilo politico su uno dei cocci anni Trenta. Teresa Triscari coglie con disinvolta scrittura il pretesto di questo noiosissimo moscone per trasformare una situazione domestica in un racconto breve di sicura ironia. Si accanisce, con discreta e arguta nonchalance, con il povero Lui, venuto in soccorso, trasformandolo nel protagonista principale.
Seguono Storie di diverso tono e impostazione, fino all’ultima, “Dopo il muro”, che chiude la raccolta e che inquadra il momento storico della riunificazione della Germania.
Non credo sia casuale la scelta dell’autrice di concludere la raccolta con questo accorato racconto, carico di pathos, che costituisce una storia a sé. Dopo la lettura dei racconti umoristici e di quelli evocativi, cambia il registro narrativo e riporta nei binari della problematica realtà storica la sua scrittura. Questo documento, poiché di documento storico si tratta, riflette compiutamente la personalità di Teresa Triscari, intellettuale impegnata che descrive, con controllata carica emotiva, un episodio reale, vissuto intensamente. Questa testimonianza, mascherata da racconto, costituisce quasi una firma identitaria. Prende tutta la scena e riporta il lettore alla realtà. Ci avverte che la favola, il narrare sono una cosa, ma la vita è altro.
Teresa Triscari non parla mai in terza persona. Protagonisti sono il narratore e l’autrice come accade nei testi autobiografici, che coincidono sempre con la voce narrante (io narrante). Controlla gli stati d’animo e i pensieri dei personaggi che letterariamente tratta come se li osservasse dall’alto.
Ora, se non ci trovassimo di fronte alla finzione di questi gradevolissimi racconti, frutto dell’invenzione letteraria di una scrittrice abile e arguta nelle sue puntuali descrizioni, potremmo essere attraversati dal sospetto che la sua finzione letteraria attinga a piene mani e disinvoltamente al vissuto autobiografico di una moglie esasperata. Tanto precise e puntuali sono le descrizioni, le ambientazioni e le situazioni richiamate che rimandano al vissuto di tutti. Lui, il protagonista di una gran parte dei racconti umoristici, ci convinciamo, forse è il “Moscone” che campeggia nel titolo. Il petulante e irriducibile personaggio risulta essere l’ispiratore principe di alcuni racconti e raccoglie tutti i difetti che possono essere immaginabili in un uomo. Con un talento umoristico che attinge ad un sarcasmo insuperabile nella sua leggerezza espositiva, l’autrice riesce a coinvolgere il lettore costringendolo a ridere di nascosto per non farsi scoprire da lei e dalla sua capacità introspettiva che raggiunge le punte più alte di corrosivo sarcasmo. Questo è il motivo che, alla fine, costringe il lettore in qualche modo a proteggerlo dalla furia letteraria iconoclasta dell’autrice rendendocelo simpatico.
Ed è come se l’autrice abbia colto l’occasione dei racconti per esercitare la sua vena favolistica ma soprattutto l’impegno civile che ha caratterizzato la sua lunga militanza politica e diplomatica. L’autrice non è nuova alla favola. Ricordiamo il suo libro precedente dal titolo C’era una volta e c’è ancora dove sono raccolte 10 intriganti favole che favole non sono. Un sussidiario di storie inventate che integrano esperienze personali e scatti della fantasia. A questo proposito, in una mia recensione al libro, scrivevo che mi sarebbe piaciuto leggere ancora altre di storie. Con questo nuovo libro sono stato accontentato.
Teresa Triscari, critico letterario, saggista, è stata direttore di Istituti Italiani di Cultura all’estero nell’area dell’Europa Centro Orientale. Ha collaborato con Rai Educational. È membro della Giuria del Premio Letterario Elsa Morante. Attualmente interviene su varie riviste culturali pubblicando saggi di critica d’arte e critica letteraria. Per i tipi della Casa Editrice Tracce di Pescara ha pubblicato una raccolta di racconti e poesie dal titolo C’era una volta … e c’è ancora (2018). Per i tipi della Casa Editrice Torri del Vento di Palermo ha pubblicato: La Sicilia tra Storie e Miti – La grande koinè mediterranea (2019).
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