Intervista di Caterina Viola Scimeca ad Alfredo Ingegno, autore del libro “Lina”, fresco di stampa, presso la casa editrice: Nuova Ipsa. Un libro che ha stupito chi l’ha letto, per il suo contenuto, una storia vera dai risvolti dolorosi e psicologici. Una trama fitta, complessa, con colpi di scena imprevedibili.
Lina, sua madre viene abbandonata appena nata in un brefotrofio. Come riconoscimento c’è un fazzoletto ricamato, diviso a metà. Quella metà consegnata al padre, deve essere un cimelio da non perdere, perché un giorno, forse, si ricongiungeranno.
Alfredo, architetto, raccoglie con meticolosità documenti, cenni di vita della sua famiglia, sparsi su fogli e racconti a voce, per comporre un libro dalle pagine emozionanti. ”Mi sono liberato, dice lui, di un
fardello, di una storia che andava raccontata, che adesso ha una vita propria, cammina con le sue parole nelle strade del futuro.”
Era questo il desiderio di sua madre, che anziana, scriveva un diario; di suo nonno, che parlava di questa vicenda a Gesualdo Bufalino, ragazzo, ricoverato nello stesso ospedale, impegnato in un periodo storico dove con forza si cercava la democrazia, aborrendo la repressione fascista e la dittatura.
Alfredo, quanto c’è di tuo in questo libro e quanto hai attinto in stesure di bozze compilate da tuo nonno e da tua madre?
Il libro racconta una storia che si aggancia a fatti reali e in parte documentati. Mia madre descrisse la sua infanzia in un diario, quando era già molto anziana; di mio nonno ho solo corrispondenza di quegli anni.
Cosa ti raccontava tua madre della sua infanzia? Un episodio che magari non hai riportato nel libro.
Mi raccontava che era povera, ma felice, molto amata da quell’uomo che l’aveva adottata. Ma a volte piangeva, perchè le compagne l’additavano come “figlia di nessuno” e sfoggiavano la loro ricchezza per umiliarla.
Hai conosciuto tuo nonno materno, il commissario?
È morto alcuni anni prima che io nascessi.Ma a forza di sentirmi dire da mia madre che ero come lui,è come se l’avessi conosciuto.
Immagino! Penso proprio che gli assomigli. Tua madre aveva veramente amato, senza alcun astio, quest’uomo che l’aveva abbandonata?
Mia madre lo amava e parlava spesso di lui.
Hai conosciuta tua nonna Ilde?
Si,è morta quando avevo trent’anni. La adoravo e lei amava me. Non capivo il perchè di una così cattiva relazione con mia madre.
La relazione tra tua nonna e tua madre non ha mai trovato uno sblocco positivo? É sempre rimasto ancorato nell’incomprensione, nella gelosia, nella freddezza?
Sempre. Mia madre cercava di starle vicino e di aiutarla, ma lei voleva restare sola e chiusa nel suo mondo di donna solitaria.
Tua madre è tornata mai nei luoghi della sua infanzia? C’eri anche tu?
Si, dopo sposata, trent’anni dopo. Non c’era piú nulla! Nè la casa, nè i fratellastri. Solo il figlio di uno di questi, che aveva la sua età e giocavano assieme. Io ero piccolo, c’ero, ma non ricordo tanto.
Tua madre ha sempre vissuto a Palermo?
No. Quando mi sono trasferito a Cagliari, lei e mio padre mi hanno seguito. Sono morti lì. Lei a ottant’anni, lui subito dopo, di dolore a ottantasette anni.
Alla fine ha trovato un uomo capace di amarla e starle accanto per la vita.
L’uomo che ha sposato le è stato praticamente imposto da suo padre morente. Era un ragioniere alla Rocca,un uomo buono e simpatico, un napoletano verace. Ma lei voleva la fotocopia del padre e non riuscendoci con lui, ci ha provato con me, con un certo successo.
In che modo c’è riuscita con te?
Ripetendomi sempre:Tu sei come tuo nonno! Prova a sentirtelo dire di continuo….
Spiegandoti anche il perchè…! Ti ha offerto un modello di vita a cui inconsciamente hai aderito.
Esattamente! Ora sai le ragioni per cui ho scritto il romanzo. Era ora di deporre questo karma.
Ti senti di averlo deposto?
Sì. Ma non è stato semplice. Ero davvero immedesimato in quella parte fin da ragazzino.
Capisco. Ma tu sei Alfredo Ingegno e una persona non può mai combaciare con un’altra!
Grazie per l’intervista e per avere risposto con sincerità,come credo sia la caratteristica del tuo carattere.
Ultima domanda:Cosa sognavi da bambino?
Non ricordo nulla di me fino ai sette anni. Figurati i sogni
Grazie Alfredo Ingegno per avermi dato la possibilità di leggere una storia; una storia vera, avvincente, dai tanti risvolti psicologici ed a volte drammatici. Una storia in cui sei immerso, perché tocca le tue radici, le tue emozioni, le corde più profonde del tuo essere e dei tuoi affetti.
Attorno ad essa roteano infatti figure importanti della tua vita, come quella di tua madre, Lina, dei tuoi nonni materni.
È con fierezza che Lina, si lascia fotografare incinta di te, vestita del sorriso più bello. Ed è con la stessa fierezza che tu hai scelto questa foto, come copertina, per renderle omaggio e dare ancora di più un taglio di veridicità al libro.
La sua vita non è stata facile, fin da piccola ha dovuto toccare il polso dolorante del mondo, con un abbandono non voluto dalla madre, ma ritenuta l’unica soluzione dal padre, in quanto militare in carriera e non sposato con Ilde, la donna con cui aveva una relazione.
Il dolore di Ilde per riavere la figlia, la sua quasi pazzia, si placa poi in apparente indifferenza; gelosia per chi in anni, le ha rubato l’amore di quella creatura, che tanto aveva desiderato tenere stretta nei suoi abbracci. Un vuoto di dodici anni che non riesce a colmare e volerle bene come dovrebbe. Mentre il disinteresse del padre diventa ampiezza di vita, per una bimba che chiede un supporto di amore per diventare donna in una realtà che non le appartiene del tutto e che sente un po’ ostile.
Ritagli di una storia lunga con alti e bassi, di cui non s’intravede il finale, ma a tratti si percepisce. Difficile dire a questo punto chi sia il protagonista, sono tutti protagonisti in qualche modo. Forse Lina è la chiave su cui tutto gira, la porta che si doveva aprire per collocare ogni puzzle al loro posto.
Caterina Viola Scimeca
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