Sono parole dure quelle pronunciate dopo la protesta contro il coprifuoco che si è tenuta a Bagheria la scorsa settimana. Una fiaccolata voluta e realizzata da Fratelli d’Italia in rappresentanza delle categorie produttive e che dà seguito a una
linea politica che si spande su tutto il territorio nazionale: la denuncia di una misura preventiva, quella del coprifuoco
imposto dal Governo centrale, che sta mettendo a dura prova la pazienza, la speranza e, non ultime, le capacità di sostentamento di tantissimi lavoratori.
Alla manifestazione di Bagheria, naturalmente, ha preso parte anche l’assessore Brigida Alaimo, in quanto esponente di
Fratelli d’Italia. Le istanze – come riportato dalla stampa locale – vertono su “misure più efficienti” da parte di Stato e Regione “per aiutare numerosi commercianti e piccoli imprenditori del nostro territorio”, in luogo di un coprifuoco che viene definito
“insensato e controproducente.”
L’indirizzo politico, pertanto, è chiaro e prevedibile. Visti gli equilibri a cui tutti ormai siamo abituati, non stupisce che Fratelli
d’Italia attacchi le decisioni che hanno contraddistinto l’azione di Governo durante l’emergenza. Ma è anche vero che quella della fiaccolata rappresenta un’iniziativa che, visti i tempi, i ruoli e lo scenario politico nel suo complesso, conserva alcuni profili un po’ controversi. Profili che altre forze politiche non hanno tardato a mettere in evidenza. Dopo la manifestazione contro il coprifuoco, il Partito Democratico di Bagheria ha attaccato il gesto di FDI con una nota i cui toni, pur dichiarando comprensione per le difficoltà dei lavoratori, non lasciano spazio a pacatezze diplomatiche.
Non solo perché la manifestazione viene definita come fatto “grave” visto che “la provincia di Palermo tenta di uscire da una
situazione pandemica che la vede con i più alti tassi di contagi in Italia”, ma soprattutto per le parole con cui il PD incolpa FDI di “cavalcare la protesta e la disperazione.” Parole da cui, dunque, scaturisce un attacco politico non indifferente, poiché sembrerebbe emergere tanto l’accusa di minimizzazione dell’emergenza sanitaria e dell’impegno delle istituzioni, quanto quella di strumentalizzazione politica dei disagi – fatto, di sicuro, ancora più grave –.
Uno scontro più che legittimo e sensato sia nei contenuti sia nelle basi, visto l’abisso che separa i due partiti in quanto a posizioni e programmi. Ma esistono ulteriori aspetti che possono destare ragionevoli dubbi nell’elettorato e nell’opinione pubblica bagherese. Il quesito più affascinante è se e come i recenti dissapori, pur partendo da idee politiche di
caratura nazionale, possano ripercuotersi all’interno della giunta comunale bagherese, dato che le più eminenti personalità locali delle fazioni coinvolte – Brigida Alaimo per FDI e Daniele Vella per il PD – ricoprono entrambe la carica di assessore.
È vero che le accuse relative alla fiaccolata hanno riguardato, nei termini, soltanto i partiti e non i singoli rappresentanti. Ma è anche vero che, essendo Bagheria il teatro della vicenda, ignorare una corrispondenza tra queste forze e le figure che compongono la coalizione comunale sarebbe un po’ come negare l’evidenza.
Non sono dunque fuorvianti quelle voci che riterrebbero opportuno un intervento con cui il Sindaco chiarisca dove ricercare le condizioni per l’omogeneità del gruppo, specie se si considera la sete di trasparenza ideologica di una cittadinanza che – la storia insegna – non è mai troppo propensa a presumere la genuinità delle dichiarazioni politiche. Si potrebbe opporre che
le inconciliabilità sul piano nazionale non inquinano necessariamente la concordia tra le fazioni politiche locali.
Ma forse occorre chiedersi: benché i Comuni non siano soltanto centro di amministrazione locale ma anche palestra delle future politiche nazionali, è comunque corretto usare la logica dei due pesi e due misure? Forse no, chiaro. Altrimenti si potrebbe correre il rischio di essere, di fatto, in disaccordo su tutto tranne che su una cosa: dirsi concordi agli occhi di una parte dell’elettorato e avversari agli occhi dell’altra parte. Per di più, non bisogna perdere di vista l’aspetto più importante della vicenda. E cioè che, sullo sfondo, continuano a esserci migliaia di commercianti, ristoratori, operatori economici che si trovano sull’orlo del baratro e ai quali gesti simbolici e marce non daranno risposta, ma forse un’azione politica omogenea e sincera sì.
D’altra parte, è improbabile ottenere la fiducia di imprenditori a cui lo Stato richiede congruità e coerenza, quando in politica
questi stessi fattori sembrano spesso scarseggiare.
Gioacchino D’Amico
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