Frequenta il liceo classico senza però diplomarsi, poichè il padre la fa ritirare dagli studi. Consigliere comunale per il Partito
Comunista Italiano per tre legislature dal 1956 al 1968 nel 1967 si dimette dal partito e dal 1970 al 1973 diviene componente del comitato direttivo della C.I.S.L. locale e fino al 1996, anno della sua morte, svolge attività nel settore assistenziale e sociale.
Gli anni in cui Elisabetta vive a Bagheria sono gli anni della guerra, della fame e della miseria. Ma sono anche gli anni della
liberazione, quelli in cui nasce e si sviluppa dopo un ventennio di dittatura la voglia di partecipazione e di militanza. Il ricordo dei carri armati americani che entravano lanciando caramelle, cioccolata e indumenti femminili, il ricordo dei bambini che bruciano le carte del fascio, della popolazione che apre i magazzini pieni di merce e ancora il ricordo di una rinascita della vita politica del paese grazie all’appoggio e al sostegno degli alleati americani: queste sono le definizioni che Elisabetta fa nel
suo diario, pubblicato nel 2004 dal Comune di Bagheria con il titolo di “Prove di emancipazione. Dal diario di una donna di
Bagheria”.
Negli anni in cui Elisabetta si avvicina alla politica, il Partito Comunista comincia a radicarsi nella società siciliana. Sono anche gli anni dello scontro frontale con la mafia agraria, delle lotte contadine, del separatismo. Anche Bagheria, area di agrumicoltura ricca e punto di riferimento per l’intero territorio circostante la sezione comunista e la “Camera del Lavoro” sono i luoghi fisici dell’aggregazione, spesso sovrapposti tra loro. Le donne non portano ancora avanti istanze specifiche, ma le si possono trovare in prima fila nelle battaglie come quella contro la legge-truffa del 1953, nel corso della quale le manifestanti si scontravano con la polizia.
Negli stessi anni viene fondata l’Unione delle donne bagheresi, aderenti all’Unione donne italiane. Nasce cosi anche per le donne un nuovo modo di condividere e risolvere i problemi in modo collettivo che amplia la politica della Cemera del lavoro a temi ancora invisibili. Le donne vogliono di più per loro e per le loro famiglie. E insieme a loro Elisabetta compie le prime lotte per i diritti dei bambini alla salute, per le colonie estive e contro il dazio sui beni di prima necessità. Insieme a Gabriella Vistrè, l’altra figura “mitica” delle lotte sociali, è un punto di riferimento per le donne di Bagheria. In questo periodo il Partito Comunista è diviso in cellule, ogni cellula rappresenta un quartiere di Bagheria e Lisabetta la Rossa così è chiamata in paese, fa parte della cellula Gramsci; è difficile fare politica in un paese in gran parte abitato da braccianti e operai e non è neanche tanto semplice far parte di un partito che è lo specchio di quella società che Lisabetta non solo fa politica in un paese difficile come Bagheria, ma è anche responsabile femminile e dirigente dell’Unione Donne Bagheresi.
Tra il 1956 e il 1967 comunica la sua esperienza in Consiglio Comunale, sono anni di grande cambiamenti, anche se spesso le cose sembrano immutabili. L’8 marzo 1961 dopo anni di battaglie per l’unità e l’indipendenza d’Italia e per l’organizzazione democratica delle donne italiane, le donne dell’Udi Bagherese decidono di rinnovare il loro impegno stilando un elenco ancora oggi incredibilmente attuale, di programmazione economica e politica: l’inserimento della donna nell’attività produttiva, l’attuazione della scuola dell’obbligo fino al quattordicesino anno di età, la creazione di una vasta rete di scuole materne e doposcuola regionali, distribuzione gratuita a carico della Regione, dei libri a tutti gli alunni delle scuole elementari, l’abolizione della graduatoria distinta per sesso nei concorsi, l’abolizione di tutte le discriminazioni salariali per sesso, l’approvazione della legge per le pensioni alle casalinghe e tanto altro ancora.
Coi primi anni Sessanta anche Bagheria sta rapidamente cambiando la propria fisionomia di città ad agricoltura ricca per
diventare una città terziaria. Anche i partiti dovranno cambiare e non sempre sapranno gestire la transizione tenebdo ben ferma la barra dei programmi e dei metodi di lotta. Le lotte che Elisabetta porta avanti insieme all’Unione sono tante, ma gli stessi anni sono spesso segnati da lotte intestine e controversie all’interno del Partito Comunista a Bagheria e i contrasti cominciano ad animare anche la più piccola sezione.
Tra il 1960 e il 1964 cambiano quattro giunte comunali e si susseguono diversi sindaci, l’amministrazione della città diventa
impossibile. Alla base dello scontro l’entrata in crisi della grande stagione dell’agrumicultura e la lotta per l’accaparramento della rendita fondiaria dei suoli edificabili. A quel momento risale anche l’inizio del declino della presenza femminile nella vita politica dei partiti e quindi anche del Partito Comunista. Nella pagine del suo diario Elisabetta parla di “interessi comunali privati” che schiacciano quelli pubblici, dichiara di non condividere più la linea del partito e decide di assumere una posizione autonoma dimettendosi dal Partito e presentandosi in consiglio comunale come “Comunista Marxista Indipendente”.
Elisabetta è, insieme a Graziella Vistrè, un grande esempio per molte donne di Bagheria poichè lavora tenacemente per abbattere luoghi comuni e discriminazioni. Le due donne rappresentano un punto di svolta lungo la via del cambiamento, due donne forti e decise che si dedicano alla lotta per i diritti credendo, anche nei momenti di scontro più aspro, nella democrazia e nella rappresentanza degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori
Viviana Morreale (2004)
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