Andrea Buglisi …”il palermitano”

Quella mattina Andrea si svegliò più siddiatu del solito. Tutta la notte non aveva chiuso occhio, i cani avevano abbaiato assai
dietro le case al ciumiddu ed era sceso dal letto tre volte per pisciari -“…mizzica chi camurria sta prostata…” pensò coricandosi di nuovo. Ora stava iniziando un’altra giornata lunga e vacante e il pensiero andò a suo padre, don Ignazio, morto da poco tempo, che lo aveva lasciato solo.

La stanza era scurusa e il disordine che c’era non si notava ma appena apriva la persiana ed entrava un filo di luce c’era da
confondersi. Sì, in effetti Andrea negli ultimi tempi si era lasciato andare, era un poco n’cunnatu ma non n’grasciatu, anzi continuava ad andare dal salone di Turiddu e si faceva fare la barba da Giovanni, ma il suo cuore non rideva più come una volta. S’assittò e annegò i suoi pensieri nella tazza del caffè e latte che pigliava sempre, fin da quando era picciriddu. Come era bello quando avevano la chianca a Palermo, alla Vucciria, in via della Chianca.

Se la passavano bene, Andrea era piccolo e siccome non arrivava al ceppo per tagliare la carne suo padre, u zù Ngnazio, ci fece fare un banchiteddu e Andreuzzu, tutto priatu acchianava sul bancone e con un coltello più lungo di lui, con il falareddu bianco che poi si macchiava di rosso, rideva e abbanniava:-“… sangunazzu, sangunazzu, stigghiuola…”, e nella piazza
Caracciola lo conoscevano tutti, chianchieri e stigghiulara, sigarettari e rigattieri. Come s’arricriava quando tornava da Palermo, in paese ci abitavano alcuni parenti, prendeva la carrozza e con quella sua voce impastata di palermitano n’carcatu gli diceva:-“…caccia gnuri, amunì…”. Si vennero a stabiliri in paese appena cominciarono i bombardamenti degli alleati e dopo la morte della madre vennero ad abitare vicino alle scuole elementari.

Figlio unico, Andrea non fu baciato dalla dea bellezza, crescendo era rimasto nico nico, con le gambe corte, una faccia particolare, allungata, gli occhi acquosi e rotondi, la testa con pochi capelli, sempre grigi, il labbro pendente, vestiva sempre una giacchetta piccola per picciriddi, tirata, con i pantaloni che si sciarriavano con le scarpe che erano pure niche niche, ma Andrea suppliva alla sua mediocrità fisica, ai suoi handicap, con le qualità della persona buona, dall’animo puro, nobile e semplice, allegro e scherzoso, era di compagnia con le battute sempre pronte e tutti gli volevano un gran bene.

Alla Vucciria ci stava tutta la giornata, pane e panelle all’angolo da Mimì, una ranfa di polipo da Sarè, la carne arrostita dalla zà Maddalena quando restavano a mangiare a Palermo, l’uovo ciurusu dal signor Graziano e un bicchiere di passito, lui non
beveva vino, era astemio. Quando scendeva in paese era priatu perché per lui c’era sempre una brioscia alla fragola e panna che gli imbiancava tutto il naso e in mezzo al bar declamava a memoria come una poesia:-“… mio padre è palermitano, avemu a chianca a Vucciria, io sugnu Andreuzzu, io porto rispetto a tutti e sugnu rispittatu, semu tutti boni cristiani e non facciamo pomata, a pomata è quella per i calli…”. Ma il “cane muzzica sempre allo più sfardatu” e Andrea si ritrovò con suo padre che diventò cieco e iniziò l’odissea che lo ha accompagnato per tutto la vita.

Malgrado le vicissitudini, la sua disabilità, Andrea non perse mai il suo buonumore e le sue giornate scorrevano come un film comico fatto di battute e di vita vissuta in mezzo alla gente che lo aveva come adottato, accogliendolo con simpatia. Passava dal forno di don Ciccio Guccione, prendeva il pane, si fermava al Bar e esclamava:-“… sabenerica a tutti, e longhi e ai curti!…”. Faceva tappa in farmacia, dal dottore Chiappara, con il barboncino nero che lo assicutava e Andrea con i suoi piedini piccoli ballava e tentava di scacciarlo via. Sciroppo e iniezioni per suo padre e Saridon per lui che soffriva già da tempo di fastidiosi mal di testa. Con la sua inconfondibile annacata passeggiava per il paese, lanciava una frecciata verso il salone dello “Sciccaru”:-“…Zù Giovanni su fuma stu sigarru…”- e dalla vicina sezione fascista venivano giù risate.

Davanti al tabacchino lo aspettava don Pietro Todaro che gli dava i giornali, lui era affezionato a “L’Ora”. E arrivava al salone di Turiddu. Dentro al salone, tra profumo di dopobarba, brillantina e odore di canfora, tra saponate e iniezioni, ho conosciuto Andrea, avevo in comune con lui l’amore per il calcio, per il Palermo e per l’Inter di Herrera, Sarti, Burnich, Facchetti…io tenevo per la Juve di Sivori e Charles, Anzolin; mi raccontava quando suo padre lo portava allo stadio, se lo metteva a “cavusedda” e sui gradoni della Favorita tifava rosanero. Ogni volta che mi vedeva mi ripeteva come una poesia la
formazione di quel Palermo, anni 50 che era in serie A :-“… Masci, Giaroli, Boldi, Gimona, Santamaria, Moretti, Di Maso,
Fuin, Bronèe, Vycpalek, Korostolev, che aveva battuto la grande Roma di Nordhal in trasferta per 2 a 1. E dentro il salone era un recital di battute degne di ben altre plateee:-“…Zù Ninu ma a pasta se la mangia squarata o cu sucu ra cainni?…ma sempre sta coppola nivura havi, picchì non la cambia con sta coppola ri m… !…zù Filippu ma veru è ca so mugghieri lo ha buttato fuori di casa picchì lei di notte la inquietava?…ma comu ci speccia a quasi 90 anni?…eh vecchiu viziusu!…”.

Ne aveva per tutti ed era un vero spasso anche quando andava al circolo dell’artigianato dove per farlo giocare a carte avevano tagliato i piedi di un tavolino accorciandolo, così Andrea arrivava al bordo del tavolo e stava comodo. Una sera alla sezione del circolo dell’artigianato c’era movimento, si giocava come al solito a carte e Andrea era arrivato da poco, si era seduto ad un tavolo e guardava chi stava giocando a briscola in cinque.

Era stato tutto il giorno chiuso in casa con il solito mal di testa, aveva mangiato senza pitittu, solo, e al dottore che era passato a domandargli come stava rispose:-…”dottore, né miglioria, né tintoria…”. Al Bar, Giovanni il pasticciere, burbero
e di poche parole ma che in fondo al suo cuore covava un angolo caldo per Andrea aveva preparato una sorpresa, sapeva che Andrea compiva 60 anni quel giorno e quindi… A un certo momento tutti smisero di giocare, spostarono le sedie
e pulirono un tavolino, Andrea osservò quella confusione e stava per andarsene a casa, ma fu chiamato al centro della stanza e tutti insieme cantarono:-…”tanti auguri a te, tanti auguri Andrea, tanti auguri a te!…”. Il piccolo Andrea non ricordava che quel giorno compia gli anni, rimase silenzioso, si emozionò commosso e due lacrime scesero dai suoi occhi acquosi e abbracciò con forza ad uno ad uno tutti gli amici che lo festeggiavano:-“…grazie amici miei, grazie, non ho mai festeggiato il mio compleanno, grazie amici miei…”.

Era stata una grande sorpresa per Andrea che da una vita non aveva mai festeggiato un compleanno. Rispettato e stimato da tanti amici Andrea meritava quella festa che lo aiutò a superare quel brutto momento di solitudine e tristezza dopo la morte di suo padre, ma lì a poco Andrea ci lasciò a tutti, anche se ancora oggi siamo in tanti a ricordare Andrea Buglisi, il palermitano! “E perché da tutto ciò che ci circonda, sembra che qualche Dio minore abbia creato il mondo. Non avendo tuttavia la forza di forgiarlo comem avrebbe voluto? (Tennyson – Idilli del re)

Giuseppe Morreale



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Questo articolo ha un commento

  1. Bel racconto di vita vissuta,scritto con il cuore Bravo Giuseppe.
    Un ficarazzoto del nord.
    Salvatore detto Lucio

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