In rimando ai precedenti progetti ad impronta ecologista, non è dunque novità per il terzo circolo didattico la dimostrazione d’amore verso l’ambiente. “Sulla cresta dell’onda” – è questo il nuovo progetto che vede come protagonisti i genitori e gli alunni frequentanti la scuola Luigi Pirandello.
Coinvolta dalla loro voglia di conoscere e far conoscere, alla presenza della dirigente e prof.ssa Lucia Maria Rita Turiano e delle insegnanti Caterina Di Salvo e Maria Lipari, ci apprestiamo, con un piccolo insieme di bambini rappresentanti l’istituto, a raggiungere la prima delle tappe previste per la giornata: la riserva di capo zafferano.
Le gambe si fanno alle volte cedevoli a causa delle stradine sterrate spesso, purtroppo, non molto curate, ma si respira un clima di gioia e in attesa di raggiungere la meta: il faro di Capo Zafferano, non tardano ad arrivare i cenni storici contenenti tracce di vita d’un quotidiano ormai ben che trascorso. Passando dapprima per Il lido del Carabiniere, ci incamminiamo
verso le prime stradine ripide: “Trazzera per i carretti” – Come è ben noto, la storia dei carretti siciliani è strettamente legata all’economia e alla cultura dell’isola e inizia ai primi dell’Ottocento, quando si iniziò a edificare un precario sistema di viabilità.
Fino al ‘700, infatti, la mancata costruzione di strade nell’isola aveva impedito collegamenti, limitando i trasporti su terra al
dorso degli animali. Il governo borbonico nel 1830 si preoccupa di aprire strade di grande comunicazione, le “regie trazzere”, si rese necessario costruire un mezzo capace di attraversare queste strade impervie ed ampie, a fondo naturale e accidentate, irte di salite ripidissime e curve a gomito, soggette a frane e ricche di fossi. La struttura del carretto siciliano fu, di fatti, realizzata ad hoc con ruote molto alte, per potere superare gli ostacoli delle “trazzere”.
-Incantati dall’acqua cristallina, tra le dolci risa dei bambini, facciamo una breve pausa notando dei gabbiani in acqua, anche
loro a godersi questo spettacolo della natura.- Tra ciottoli e viottoli naturalmente nati, ci approssimiamo ad una piccola scala logora, confinante, anche lei, con la macchia mediterranea. Al vertice della suddetta scala: la cappella della madonnina del lume. Le origini si possono fare risalire al 1700 allorché, per assicurare l’assistenza religiosa ai pescatori che abitavano in quella contrada, i Borboni costruirono una chiesetta rustica dedicata alla Madonna del Lume protettrice di Porticello.
Nella Chiesa si conserva tutt’ora il quadro veneratissimo della Madonna del Lume. La tradizione popolare, inoltre, ci
fornisce una seconda versione legata al mare, secondo la quale il quadro sarebbe stato portato dalle onde del mare, per volontà divina, sino al molo di San Nicolicchio. Costruito intorno al 1880, il faro di Capo Zafferano è raggiungibile mediante una stradina tortuosa e strettissima che segue l’andamento del costone roccioso.
Il faro di Capo Zafferano è stato presidio militare durante le due ultime guerre mondiali; per questo motivo è stato dotato di una serie di caseggiati e di una torretta di avvistamento. Ha attinto energia da un sistema chimico a carboni di acetilene
fino al 1970 quando è stato dotato di impianto elettrico. Nel 1980, cento anni dopo la sua costruzione, con il trasferimento
del suo ultimo guardiano, ultimo di due generazioni di guardiani, il faro è stato abbandonato, funzionando adesso soltanto come segnalatore con batterie e sistema di accensione crepuscolare.
Apprezzando i primi cedimenti del calar del sole si notano con facilità le strutture interamente edificate con il tufo di Aspra.
Rapiti dalle meraviglie circostanti, qualcuno esclama: “L’unica cosa imperfetta della natura è l’uomo” – e sulla scia di quest’ultima affermazione ci dirigiamo proprio verso la frazione marinara di Aspra, alla ricerca di qualche pescatore.
Per un attimo una piacevole inversione di ruoli: i bambini, con qualche sorriso d’imbarazzo espongono domande ai pescatori in merito alla sostenibilità.
Chiediamo allora quanto influisce l’accumulo di plastica nella pratica della pesca. Un pescatore, mentre ultima le sue
azioni di routine prima di iniziare la sua attività insieme alla sua “lancitedda” – ovvero una piccola imbarcazione per la piccola pesca costiera, affranto, ci confida che il vero problema è l’introduzione di additivi chimici all’interno degli scarichi, per nascondere precariamente i fumi maleodoranti delle acque, che, consequenzialmente, condizionano le proprietà dei prodotti e dell’aria stessa inalata. Dispiaciuti da quanto appena sentito ci dirigiamo verso l’ultimo luogo, per poter fare apprezzare e amare sin dalla tenera età, le bellezze dell’ambiente: il museo dell’acciuga dei fratelli Giacomo e Michelangelo
Balistreri.
Una volta accomodati dentro è subito percepibile che il museo dell’acciuga e delle arti marinare di Aspra è un atto di passione e d’amore realizzato dai fratelli Balistreri che hanno raccolto con cura elementi dell’arte marinara. Attraverso il racconto leggero di ogni anneddoto e passaggio storico a cura di Michelangelo, veniamo proiettati all’interno di un baule
pieno di tesori e ricordi della Sicilia e del mare, che racconta la storia di uomini che hanno trattato e saputo interpretare il lavoro della pesca e delle sue molteplici lavo- razioni e trasformazioni.
Con naturale leggerezza e palpabile passione, apprendiamo il valore delle cose, attraverso semplici foto, oggettistica o anche attraverso canzoncine in dialetto siciliano: tripudio di iconografie nostrane. E’ facile dunque essere proiettati in luoghi eterni: “Date valore alla famiglia, al legame con i nonni, soffermatevi sull’amore per la Sicilia e non perdetelo mai”. – Con questa frase, di lì a poco, Michelangelo Balistreri ci congederà impregnando anche lui, grazie all’immenso lavoro delle docenti e della dirigenza, le menti di queste giovani vite, a rendere meglio vivibile le meraviglie del territorio.
Mariangela Facendola
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