Il quattrocentesco “acquedotto di Ficarazzi” è una grandiosa e severa opera in muratura e blocchi di pietra da taglio considerata ancora oggi una vera e propria opera di grande ingegneria idraulica. L’imponente opera lascia meravigliati per il suo straordinario stato di conservazione (nonostante la mancanza di manutenzione degli ultimi anni), tra l’altro ancora
pienamente funzionante fino agli anni 60 del secolo scorso, per irrigare i limoneti e i frutteti che insistono nella vallata
dell’Eleuterio (un territorio sorprendentemente pieno di fascino), culture che hanno soppiantato negli anni tutte le altre tipologie di coltivazioni.
L’acquedotto di Ficarazzi è una delle rare costruzioni (se non l’unica) di questo tipo che rimane ancora in Sicilia e, cosa
importantissima, di tale opera esistono delle fonti documentali e storiche sufficientemente esaustive. Sappiamo infatti che, il primo ottobre del 1443, vennero assunti un gran numero di maestranze, muratori, “muqqunì” (maestri d’acqua) e maestri lapicidi alle dipendenze dei due progettisti costruttori. L’opera era molto ambiziosa e la sua realizzazione presupponeva una collaborazione tra professionalità e competenze diverse.
Direttore del cantiere era Antonio de Zorura, tecnico di primaria importanza, uno dei più qualificati ingegneri idraulici operanti nell’isola, mentre il de Nucho, che svolgeva principalmente l’attività di carpentiere, era anche Capomastro del senato cittadino; da alcuni documenti notarili si evince che aveva già eseguito opere del genere e non si esclude che abbia
affiancato il qualificato ingegnere catalano nella stesura del progetto dell’acquedotto.
Nel 1444 l’opera poteva considerarsi compiuta ed essere ufficialmente inaugurata. Per la costruzione dell’imponente opera
idraulica i committenti impegnarono considerevoli capitali ma il risultato finale, sia dal punto di vista architettonico che per quel che riguardava la funzionalità, rispecchiava appieno le loro aspettative. Tra l’altro, visto il grande prestigio dei committenti, è lecito pensare che nella edificazione di tale opera, così grandiosa e pregnante di pregio architettonico, essi cercavano anche una sorta di autocelebrazione del loro status sociale.
Il ponte-acquedotto di Ficarazzi, nonostante la forma monumentale e la sua struttura possente, si caratterizza per la sua
essenzialità composta ed eloquente. Presenta 17 eleganti campate a sesto leggermente acuto che poggiano su pilastri a pianta quadrangolare. Nel pennacchio di due arcate del lato orientale del ponte campeggia lo stemma marmoreo con le armi della famiglia Campo, uno scudo bipartito con tre piccole aquile in basso sormontato da elmo e cimiero.
Questo manufatto, oltre che pregevole e straordinaria architettura, costituisce un’importante testimonianza di un tempo che fu e, secondo chi scrive, meriterebbe di essere più conosciuto, mostrato, valorizzato e soprattutto “salvaguardato”.
Nicola Stanzione
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