Santo Bellone. Storia di un artigiano dimenticato

C’è una storia che conoscono in pochi ed è quella che riguarda Santo Bellone. Nato a Bagheria il 25 agosto 1903 da
Antonio e Maria Vella, si trasferì nella vicina Ficarazzi nel 1938 a seguito delle nozze con Giuseppa Alfano. Bracciante agricolo e uomo semplice, già dai primi decenni del secolo scorso iniziò a dedicarsi nel tempo libero alla realizzazione del carretto siciliano inteso come elemento d’arredo.

Le opere del maestro sono perfette riproduzioni dei carretti siciliani realizzate in piccolo e assolutamente proporzionate,
costruite in legno mediante gli strumenti di una volta. Il carretto riprodotto, completo di tutte le sue parti, non è quello preziosamente intagliato e decorato dalla fitta e accesa cromia che siamo abituati ad ammirare soprattutto grazie alla presenza a Bagheria della celebre Bottega di Michele Ducato.

Il mezzo di trasporto proposto da Bellone è un carretto “usurato” dal tempo, “consumato” dall’uso quotidiano, sbiadito
nei colori, con volute imperfezioni e accentuati difetti che lo rendono assolutamente “vero”.

Ruote sgangherate, sponde dipinte ma scolorite e spente, aste logore, ripiani lisi. La meraviglia di questo artigianato è tutta
qui: la resa del reale, della fatica, del lavoro umile, attraverso un simbolo iconico per l’isola. Il carretto di Bellone è generalmente completato dal mulo, pure in legno, che – come il mezzo che traina – è “consumato dalla fatica”, come pure la sella, le redini e le piccole nappe colorate che lo ornano, tutte rigorosamente realizzate dal maestro. Non mancano poi corde, botti, coffe e sacchi di iuta a corredare l’opera, nonché spesso anche un paio di personaggi, per lo più contadini, realizzati da Bellone in legno e vestiti di stoffe.

Bellone morì l’1 dicembre 1976 e al cimitero di Ficarazzi una lapide anonima e senza foto tristemente ne custodisce le
spoglie mortali. Dalla pluriennale esperienza di chi scrive in campo di arte, artigianato e arti decorative, sono state evidenziate nel tempo diverse realtà locali di questo tipo, alcune, ad esempio, rese note attraverso le pubblicazioni Francesco Gagliardo pittore 1890-1918 (2006), in cui emerge la personalità di un giovane pittore bagherese, allievo del più celebre Onofrio Tomaselli, stroncato prematuramente dall’epidemia della “spagnola”, ed Emilio Murdolo pittore (2011), dove sono raccolte le opere di un artista vissuto a Bagheria nella prima metà del XX secolo, conosciuto principalmente per aver iniziato alla pittura Renato Guttuso.

L’attività artigianale di Santo Bellone si inserisce pienamente nel filone già intrapreso da chi scrive: far emergere dal
silenzio di ignote botteghe le attività di artisti e artigiani locali che hanno contribuito, spesso inconsapevolmente, ad arricchire il patrimonio culturale locale. Studiare e pubblicare i loro lavori, oltre ad essere un atto dovuto, contribuisce a
diffondere la loro arte, a preservarla e a renderla pubblica. In quest’ottica, sarebbe auspicabile anche l’intervento della
Pubblica Amministrazione locale che, è opportuno ricordare, ha tra i propri impegni anche quello della valorizzazione
del territorio e della custodia della memoria.

Oltre alle già suggerite mostre sui citati Gagliardo e Murdolo, mai realizzate, sarebbe interessante presentare al pubblico
anche i lavori del maestro Bellone, legando la sua arte al simbolico mezzo di trasporto che tanto caratterizza la nostra bella isola.

Lisa Sciortino



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