Quando a Bagheria stava per nascere il centro commerciale più grande del sud

Sembra quasi una storia del secolo scorso invece riguarda un progetto di sette anni fa che mise in fibrillazione un’intera zona
che coinvolgeva Bagheria ed i comuni limitrofi. La “grande novità del tempo” riguardava la nascita a Bagheria del centro commerciale più grande dell’Italia del sud, una notizia che dava la sensazione di un flash che illuminava, anche se per solo un attimo, il panorama
buio in cui versava da anni la “Città delle ville”.

Il progetto faraonico proposto prevedeva investimenti per oltre 500 milioni di euro, si parlava di circa 2000 assunzioni, di svincolo
autostradale e, si parlò addirittura anche di una fermata della linea metropolitana. L’investitore, un belga, contattò i proprietari dei terreni interessati (quasi tutti abbandonati da decenni) ai quali offriva una cifra intorno ai 50 euro a metro quadro per convincerli a cedere le loro proprietà, qualcosa come 70mila euro a “tummino”.

Una vera manna per chi, dopo anni di abbandono, nemmeno si ricordava più con precisione dove fosse ubicato il proprio appezzamento di terreno, buono in quel periodo solo per pagarci le tasse. L’area interessata andava dalla via del Fonditore alla linea ferrata, fin quasi a toccare il territorio comunale di Ficarazzi: una vasta zona con pochissime abitazioni circondate da terreni oggi incolti ma un tempo fertilissimi agrumeti.

Il progetto aveva senz’altro, almeno a parole, dei lati positivi per come lo stesso sindaco del tempo (anno 2014) ammetteva: 40 milioni
i soli introiti per le opere di urbanizzazione (quasi l’ammontare dell’intero dissesto del tempo), le opportunità occupazionali e il vantaggioso ritorno che la città avrebbe potuto trarre da un’affluenza di migliaia di persone al giorno. I bagheresi seguivano con molta diffidenza la propaganda dell’evento e prevedevano anche lati negativi come l’inevitabile crollo delle vendite per i commercianti già colpiti pesantemente dalla crisi e dal “Forum” di Palermo, soprattutto nei settori tecnologici.

Avere un colosso del genere a pochi metri dal centro abitato avrebbe potuto comportare anche un cambiamento radicale sul modo di intendere il “fare shopping”, sia dei bagheresi sia degli abitanti dei paesi vicini, con un particolare da non sottovalutare: che mentre comprando nei negozi della città il denaro rimaneva in circolo nel territorio, tutti gli utili dei centri commerciali prendono altre strade e quindi c’era il rischio di un ulteriore impoverimento con l’aggravante della chiusura, più che probabile, di tanti piccoli negozi.

Non dimentichiamo poi che un progetto del genere non sarebbe passato inosservato alla mafia ed alla corruzione che da noi sono,
in questi casi, sempre all’erta, senza considerare le infiltrazioni che avrebbero potuto inquinare anche le istituzioni pubbliche della zona a tutti i livelli, aspetto che andava valutato con grande attenzione. Molti cittadini si chiedevano se il gioco valesse la candela, visto anche il grande impegno (si fa per dire) e determinazione che i nostri parlamentari (di quel tempo e di tutti gli schieramenti) mettevano da anni nel varare leggi “serie” contro corruzione e criminalità organizzata.

Determinante poi l’abbandono del progetto di precedenti ed analoghe iniziative di quel tempo, come il tentativo di realizzazione
di un centro commerciale a Ficarazzi con l’allora sindaco Macchiarella, e dopo qualche anno anche a Villabate con il sindaco
Carandino: in entrambi i casi le iniziative furono portate avanti fin quasi alla progettazione ma poi tutto sfumò. Il precedente di
Ficarazzi risale agli anni ‘90 con un progetto molto simile a quello proposto nel 2014 nella zona del Fonditore a Bagheria.
Quella volta a Ficarazzi fu “tolto di mezzo” un campo di calcio in contrada “Quattrociocchi” che “dava fastidio” ai progettisti e
si arrivò quasi all’inizio dei lavori; peccato che intervenne il ministro degli Interni e sciolse quell’amministrazione per infiltrazione
mafiosa.

Medesimo discorso, qualche anno dopo, per Villabate con un progetto molto simile a quello di Ficarazzi: stesso iter e stessa fine
ingloriosa anche per il sindaco Carandino.

Michele Manna

Foto dal Web



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