Proprio quando sembrava ormai destinata a perdersi nel labirinto della burocrazia regionale, ecco che la situazione del depuratore di Santa Flavia trova finalmente una risposta. Arriva dalla Regione il decreto che dà il via libera ai fondi necessari per i lavori relativi all’impianto: sette milioni di euro che vengono finalmente trasferiti nella disponibilità del Commissario Straordinario, figura di ascendenza europea individuata per il coordinamento e la gestione degli interventi finalizzati a conformare l’infrastruttura di depurazione alle normative comunitarie. Fondi – occorre ricordare – non dell’ultima ora, ma già da tempo destinati alla realizzazione
dell’opera e, ciò nonostante, da quasi un decennio bloccati nelle casse della regione.
A dare la notizia è la parlamentare bagherese Caterina Licatini, componente della Commissione Ecomafie, all’interno della quale ha proposto un’inchiesta specificamente rivolta alle criticità della depurazione in Sicilia. Inchiesta che, dopo due anni di lavoro, ha raggiunto il proprio apice il mese scorso con le audizioni a Palermo del Presidente della Regione Musumeci e di alcuni assessori regionali: “sei ore sotto torchio”, questa l’espressione scelta dalla stampa per descrivere il lungo confronto nel quale il governatore e i membri della giunta regionale hanno risposto alle domande della Commissione Ecomafie sui ritardi e le negligenze nel settore della depurazione.
Sono infatti numerosi gli impianti siciliani che non rispettano le direttive europee in materia ambientale e di depurazione delle acque reflue. La stessa vicenda dell’impianto di Santa Flavia si protraeva già da tempo ed era stata sottoposta dalla deputata Licatini all’attenzione delle istituzioni, ribadendo la necessità di ricorrere alla piena ed effettiva gestione commissariale del problema, troppo a lungo rimasto sotto la guida spesso carente dell’amministrazione locale.
Lo stallo che impediva all’iter flavese di procedere – in quanto le somme, anche se esistenti, non erano ancora state trasferite al Commissario Unico – è adesso risolto. Grande soddisfazione espressa dalla stessa Licatini, dopo le ricorrenti pressioni esercitate sugli organi regionali affinché prolissità e ostacoli venissero finalmente aggirati: “dopo due anni di lavoro per superare le lungaggini della Regione Sicilia, i fondi sono stati finalmente sbloccati e i lavori possono partire.
Avevamo sollecitato per l’ennesima volta questo intervento durante le audizioni della Giunta Musumeci che ho effettuato il mese scorso con la Commissione Ecomafie. È stata dura ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Adesso l’impianto non fa più capo al Comune e il procedimento passa in mano al Commissario Maurizio Giugni e al Subcommissario Riccardo Costanza. Naturalmente continuerò a seguire la vicenda, ma sono certa che la struttura commissariale sarà in grado di fare un ottimo lavoro.” Pertanto, sembra che adesso ci siano tutte le condizioni necessarie.
Un piccolo progresso per la depurazione siciliana, a fronte di una situazione che in generale continua a essere tutt’altro che positiva. Le carenze e le criticità nell’ambito del trattamento depurativo delle acque, provocano quotidianamente non solo danni ambientali significativi (dovuti agli sversamenti di reflui malamente
depurati in acque interne o direttamente in mare), ma causano anche perdite economiche non indifferenti. Le difformità degli impianti di depurazione rispetto a quanto richiesto dall’Unione Europea, hanno già innescato diverse procedure d’infrazione e condotto a pesanti sanzioni: il nostro paese è stato condannato al pagamento di una prima somma di 25milioni di euro, infoltita da un’ulteriore importo di 30 milioni versati ciclicamente per ogni semestre di mancata messa a norma degli impianti.
Una cifra esorbitante che equivale a 165mila euro al giorno. E – grande nota di demerito – la Sicilia può ritenersi la principale responsabile di conseguenze economiche così devastanti, considerato che più della metà degli impianti colpiti dalla prima procedura d’infrazione europea si trovano nell’isola. Proprio la
Sicilia che, con il suo splendido mare, contenitore di bellezza inesauribile e fonte di estrema ricchezza, dovrebbe essere l’ultima terra al mondo a macchiarsi di un simile delitto ambientale. I recenti progressi per l’impianto di Santa Flavia rappresentano una piccola fiamma alla quale, forse, potremmo aggrapparci.
La speranza di un cambiamento che, se non imminente, si dimostra quantomeno possibile. Confidando in un rapido avvio dei lavori e in una celere e soddisfacente
conclusione, l’auspicio è che questo esempio possa aprire le porte a politiche locali e regionali meno caotiche e più attente alla salute dei cittadini, alla gestione del denaro pubblico, alla salvaguardia dell’ambiente e alla valorizzazione di un patrimonio naturale unico al mondo.
Gioacchino D’Amico
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