In via Partinico abitava un omino basso e grassoccio che veniva soprannominato “u zu Ciccu Badduzza”. Con tale nomignolo veniva appellata anche la strada. Quando arrivava ” ‘a Badduzza “ un ragazzo con una palla (e non importava chi era il ragazzo e neanche la
grandezza della palla) si mettevano immediatamente in campo due squadre approssimative, cioè col numero di giocatori che variava a
seconda di quanti erano i ragazzi che il possessore di palla sceglieva come abili al gioco.
Le partite erano sempre vinte dal possessore di palla perché era egli che decideva quando era gol e in quale porta. Il possessore di palla decideva quando doveva iniziare la partita, quando doveva essere interrotta per una sosta e per quanto tempo, quando doveva terminare. Il possessore della palla era il solo abilitato a prendere decisioni.
La prima pallina che io ho potuto acquistare aveva il diametro di quattro centimetri. Avevo rotto il salvadanaio e le novanta lire occorrenti per pagare il dovuto erano tutte a monetine da dieci e cinque lire. Il negoziante mentre le contavo mi ha chiesto: – Sei andato a chiedere l’elemosina? Per la cronaca, non ho avuto il piacere di essere considerato possessore di palla perché la mia era troppo piccola e non era degna di meritare l’onore di una partita di calcio. Per farlo ho dovuto attendere alcuni anni.
Durante le partite le cadute erano frequenti, un po’ perché il terreno era accidentato, un po’ perché nessuno voleva perdere il possesso
della palla e si andava avanti a furia di spintoni anche violenti. L’ultimo passaggio bisognava farlo al padrone della palla perché doveva essere lui a segnare il gol.
Questo ovviamente andava festeggiato a dovere: si doveva gridare al gol, il padrone della palla veniva portato in trionfo e festeggiato per alcuni secondi. Quando un ragazzo non padrone della palla si permetteva di segnare un gol non veniva festeggiato. Il padrone di palla spesso addirittura sospendeva la partita e si andava tutti a casa.
Articolo di Antonino Russo
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