Mille ce n’è di fiabe da narrar… O… Quello che le “(prime) donne” non dicono… Nei giorni scorsi a Bagheria si è tanto parlato (o meglio …hanno tanto parlato) del Piano particolareggiato per Insediamenti Produttivi previsto per contrada Monaco. La novità è che il MiSE, il Ministero dello Sviluppo Economico, non rivuole indietro il finanziamento erogato poco meno di una ventina di anni fa di 4.700.000 euro (4.200.000 in realtà perché il resto sarebbe stato erogato a collaudo avvenuto).
La restituzione di questo finanziamento, sarebbe praticamente costato il dissesto del comune (o quasi), ed avere ottenuto una proroga
per portare a termine quei lavori (condicio sine qua non…) è un grande risultato. Ma di chi è il merito? È partito un balletto di “prime donne” (il riferimento al genere è assolutamente incidentale nell’uso di una locuzione mutuata dal varietà).
Prima a darne comunicazione, esprimendo viva soddisfazione è l’Onorevole Licatini (m5s), ma chi aveva pensato che volesse intestarsi
il risultato resta deluso da una smentita/correzione del comunicato stampa. Poi in ordine: l’assessore Brigida Alaimo, il vice sindaco Daniele Vella e infine il Comune di Bagheria con il suo sindaco Filippo Tripoli. “Siamo riusciti a fermare la revoca e la restituzione
del finanziamento”. E poi una conferenza stampa e li si intuisce altro.
Andiamo con ordine. È una vicenda dalle tinte poco chiare, come è facile immaginare con finanziamenti statali in Sicilia. Espropri con indennizzi con prezzi al mq tanto variabili con un criterio indecifrabile; terreni agricoli che diventavano terreni con destinazione d’uso artigianale e industriale decuplicando il loro valore; opposizioni agli espropri previsti da parte di proprietari e cause in tribunale; ruspe pronte ma bloccate dalle proteste. Per finire intimidazioni, pressioni e forse anche altro, con alcuni eventi, particolarmente dubbi,
anche molto vicini a questa testata.
Ricostruire quelle vicende affidando le carte in procura, come dichiarato in conferenza stampa dal nostro attuale sindaco, sembra tanto pretestuoso sapendo benissimo che eventuali reati e irregolarità di difficilissima ricostruzione, probabilmente andrebbero in prescrizione. E vista questa intenzione, perché non entrare in conferenza stampa, nel merito di questa vicenda, accennando quanto meno alla gestione degli espropri? Alcuni soggetti espropriandi si opposero, ci dice l’assessore: “legittimamente”, alla valutazione
economica dei loro terreni chiedendo ed ottenendo in fase di ricorso, una importante differenza al rialzo. La differenza, fu poi pagata a questi soggetti per intero, guarda caso poco prima della dichiarazione del dissesto economico dell’ente Comune di Bagheria, dichiarata dal commissario prefettizio intervenuto a seguito delle dimissione della giunta di allora.
Per pagare questa differenza fu per altro impiegata tutta la somma destinata agli espropri, senza che si potesse procedere ai numerosi altri previsti, per esaurimento dei fondi. Inutile dire che questo fu uno degli intoppi più rilevanti su cui cominciò ad arenarsi il progetto.
Ma giusto per fare ulteriore precisazione, il comune era soggetto attuatore, il soggetto responsabile era il consorzio Metropoli est, su cui lo stesso assessore glissa, promettendo un capitolo a parte, che, per probabile dimenticanza, all’interno della conferenza non aprirà.
Oggi, dicevamo, il MISE detta crono tappe precise a questa amministrazione, che con l’ennesima fiaba raccontataci, partendo da 900000 euro risparmiati dai maggiori ribassi degli appalti di allora, si dice pronta ad assumersi questa responsabilità. Quanto costa questa responsabilità non ce lo dice però. Si sfrutta la mezza notizia per il proclama. Non ci dicono, per esempio se ancora ci sono ditte che hanno effettuato i lavori, che non sono state del tutto soddisfatte (quindi i 900.000 euro potrebbero essere anche molto meno).
Non ci dicono che molti proprietari avendo vinto i ricorsi contro gli espropri, non si muoveranno da dove sono, e questo impone una rimodulazione importante del progetto se non addirittura una nuova stesura, che non costa zero. E non ci dicono sopratutto che tutte le infrastrutture che erano state realizzate, oggi valgono zero.
Non più un solo cavo di rame degli impianti di illuminazione prevista, i cui pali, pare siano l’unica cosa rimaste in magazzino della ditta che doveva istallarli. Le vestigia dei pochi lotti realizzati cozzano con le recinzione poste in essere dai proprietari che avendo vinto il ricorso hanno ridisegnato i confini del loro terreno. Marciapiedi dissestati in cui si sono inserite vegetazioni e mano dell’uomo a vario e pieno titolo, in alcuni casi. La narrazione della fiabe non doveva partire dal: c’era una volta il PiP Monaco, ma dal lieto fine mancato, dalle immagini di abbandono (ormai emblematico termine che si accompagna al nome di questa cittadina in molte sfaccettature tranne giostrine e fontane), che vi stiamo mostrando.
Quello che le nostre “(prime) donne” non dicono è che con buona probabilità la responsabilità che il comune si assume si chiama: ”tanto, quanto”. La differenza è che: trovalo oggi un artigiano, un imprenditore, una qualunque attività che abbia la possibilità di spostarsi in altra area, rispetto a quella in cui si è insediato. Se qualcuno quasi vent’anni fa poteva pensare ad impiantare ex novo una attività, in una zona in cui avrebbe trovato belle e pronte la rete primaria e secondaria realizzare ad hoc, o pensare ad un trasferimento da uno scomodo centro abitato, oggi molti di questi, hanno già trovato sistemazione, accedendo magari anche a mutui, prestiti, finanziamenti, che non sarebbero in grado di riaffrontare.
Non si sottolinea mai abbastanza, infine, che il terreno all’interno delle “aree artigianali attrezzate” resta comunque del privato, e
qualunque azienda, con il privato dovrebbe trattare, poiché al momento non c’è dichiarazione di intenti da parte del comune, nè di intervenire acquisendo le aree, nè di intervenire a calmierare o mediare prezzi del terreno omogenei e congrui.
E viene in mente Mameli: “…dov’è la vittoria???”. Resterà, se mai realizzata, e conviene che lo sia, un’ennesima cattedrale nel deserto.
Ignazio Soresi
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