Gli imputati di questo filone giudiziario sono diciotto. Dall’avvocato Alessandro Del Giudice, divenuto collaboratore di giustizia, all’anziano boss di Bagheria Giuseppe Scaduto. Rispondono quasi tutti, a vario titolo, di associazione per delinquere, usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Dal via alla prima udienza preliminare, davanti al giudice Clelia Maltese, per Giacomo Alaimo, Atanasio Alcamo, Francesco Caponetto, Giovanni Di Salvo, Antonino Fiorentino, Gioacchino Focarino, Vincenzo Fucarino, Giuseppe Galioto, Adolfo Gambino, Simone Nappini, Fabrizio Polizzi, Giovanni Riela, Nicolò Rizzo, Antonino Saverino, Giuseppe Scaduto, Antonino Troia, Girolama Venturella.
Quest’ultima è un a dipendente di Riscossione Sicilia, che avrebbe aiutato Del Giudice a individuare le potenziali vittime a cui prestare soldi a usura. La mafia sfruttava la disperazione della gente Il processo nasce dal blitz “Araldo” del settembre scorso. Carabinieri e finanzieri della polizia valutaria scoprirono che la mafia sfruttava la disperazione della povera gente.
Uomini e donne indebitati sarebbero finiti nella rete degli usurai di Cosa Nostra. Avvocato e procacciatore di clienti Sarebbe stato Del Giudice a procacciare i clienti agli usurai nei comuni di Bagheria, Ficarazzi, e Villabate. Tutta gente in gravissime difficoltà economiche, costretta a rivolgersi agli strozzini. I tassi dei prestiti variavano dal 143% annuo fino al 5.400% annuo (a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro).
Chi non pagata veniva minacciato. Del Giudice decise poi di collaborare con la giustizia. Ai pubblici ministeri Giorgia Righi e Gaspare Spedale raccontò di essere stato il messaggero di Pietro Formoso, condannato in primo grado con l’accusa di essere il capomafia di Misilmeri, fratello di due boss stragisti.
La nota di Addiopizzo
Al processo si è costituito parte civile il comitato Addiopizzo, tramite gli avvocati Salvatore Caradonna e Maurizio Gemelli: “La nostra scelta di essere attivamente presenti nel processo è la naturale prosecuzione della nostra attività di assistenza concreta alle vittime in un momento in cui quello che più ci preoccupa non è solo il rischio di recrudescenza dell’usura e del condizionamento mafioso di imprese e famiglie in difficoltà. Rispetto a tale pericolo magistrati e forze dell’ordine continuano a operare efficacemente liberando vittime, pezzi di territorio e di economia dal controllo di Cosa nostra.
Quello che più ci inquieta è che i vuoti creati dall’azione repressiva possano, nel tempo, rimanere tali se l’accesso al credito per imprese e famiglie in difficoltà resta impantanato tra pastoie bancarie e burocratiche”. Tra le parti civili anche una vittima di usura, sempre assistita da Addiopizzo, che ha raccontato i soprusi e le vessazioni subite.
fonte: livesicilia.it
Foto di archivio
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