Ritrovarsi all’improvviso sotto una pioggia di bombe. Fino a due mesi fa sembrava uno scenario da film, impossibile nella realtà. Eppure il conflitto in Ucraina ha reso una situazione del genere molto meno fantasiosa di quanto possa sembrare. Anche per la Sicilia. Ma noi siciliani che c’entriamo? E perché dovremmo temere un coinvolgimento negli
scenari di guerra? Il fatto è che l’Italia fa parte della NATO e la Sicilia, essendo territorio dello Stato italiano, ospita alcuni insediamenti al suo interno. Tra questi i più importanti sono le basi di Birgi, di Sigonella e il MUOS di Niscemi.
Attivata il 1° gennaio del 1986, la base di Birgi si trova all’interno dell’aeroporto militare. E’ una NATO Airborne Early Warning & Control Force – Forward Operating Base. Sede degli AWACS (velivoli Airborne Warning and Control System), fornisce supporto tecnico-operativo e logistico agli AWACS della E-3A Component, di base a Geilenkirchen, in Germania. Ben più antica è la base di Sigonella. Completata a fine anni ’50 del secolo scorso, è la sede del 41º Stormo AntiSom, dell’11º Reparto manutenzione velivoli e del 61º Gruppo Volo. Ospita la Naval Air Station Sigonella (NASSIG).
Ma, soprattutto è il cuore dell’Alliance Ground Surveillance (AGS), il più importante asset della NATO per missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione (Joint Intelligence, Surveillance e Reconnaissance – JISR). Una parte del programma AGS riguarda il drone RQ- 4, in grado di volare ad altitudini massime di 60.000 piedi, dunque sopra lo spazio aereo occupato dal traffico commerciale, per più di 32 ore. Nelle scorse settimane sono partiti, proprio da Sigonella, diretti in Ucraina, alcuni RQ-4 “Global Hawk”.
Dopo la II Guerra Mondiale, alla Sicilia è già successo di essere bersaglio di un attacco: il 15 aprile del 1986. Due missili SS-1c Scud B – R-300 9K72 pochi minuti prima delle ore 17, dalla Libia sono stati lanciati verso l’isola di Lampedusa; finendo entrambi – per fortuna – in mare, a 2 km di distanza dall’isola. Gli USA la sera prima avevano sferrato tre attacchi aerei sulla Libia con l’intento di uccidere Gheddafi che, con questi due missili, provò a
colpire, per ritorsione, un’installazione militare del sistema di radionavigazione LORAN della NATO situato nella base di capo Ponente, appunto a Lampedusa.
La Sicilia è di importanza fondamentale per la NATO anche per la presenza a Niscemi di una delle 4 stazioni di terra del MUOS (Mobile User Objective System) della US NAVY, sistema tattico, a banda stretta di nuova generazione, di comunicazione via satellite tra le forze USA in movimento (le altre stazioni sorgono a Kojarena in Australia, nella Virginia sudorientale e nelle Hawaii). Dopo la caduta del muro di Berlino c’è stata una diminuzione dei finanziamenti e del numero dei militari americani nelle varie basi europee. Non è accaduta la stessa cosa per le basi presenti in Sicilia, luogo privilegiato per il controllo dell’Africa e del Medio Oriente.
E, infatti, nel 2001 il Pentagono stanziò 300 milioni di dollari per lavori di ampliamento della base di Sigonella. Uno sforzo economico che ha portato Sigonella ad essere il secondo aeroporto militare più trafficato d’Europa. Insomma, una Sicilia ‘militarizzata’ che, suo malgrado, si troverebbe certamente proiettata al centro dell’attenzione in caso di entrata in un conflitto della NATO. Una Sicilia che, però, in realtà, dopo la Seconda Guerra Mondiale, era stata destinata, assieme alla Sardegna, a essere un’isola di pace. Pochi sanno che il Trattato di Parigi del 1947 prevedeva una Sicilia smilitarizzata, mai più testa di ponte per nessun colonialismo.
A sancirlo gli articoli 49 e 50 del trattato parigino; articoli scomodi sui quali è calato un silenzio di Stato. Le clausole furono imposte dagli Alleati all’Italia, col fine di evitare, nel futuro, che dalle due più grandi sue isole si potesse
procedere verso ulteriori conquiste. Dopo qualche anno, però, gli USA avrebbero avuto un rapporto tale con l’Italia da fare della Sicilia una gigantesca portaerei nel Mediterraneo, in barba alle clausole del Trattato di Parigi. Violato
il trattato, la Sicilia è divenuta oggi potenziale obiettivo da colpire, in caso di conflitto.
Articolo de “L’Indipendente” edito da Siculomania.
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