La nostra città ormai se n’è accorta: la generazione dei ragazzi di oggi soffre di parecchie problematiche che spesso non sanno metabolizzare, gestire e risolvere. Osserviamo folle di adolescenti e giovani adulti sfogare il proprio disagio provando ogni tipo di svago e di distrazione nei modi più disparati, restando sempre alla ricerca di qualcosa che possa allontanarli da una realtà che non può soddisfarli.
Le strade bagheresi non sono che un palcoscenico ideale per questa deprimente sensazione: siamo giovani, ma non abbiamo alcuna speranza nel futuro. Crisi economiche, disagi sociali e scompensi nel sistema educativo hanno cresciuto una generazione disillusa, colma di persone che non riescono più a sognare, perché protagonisti di contesti
urbani sfortunati e circondati da una società che non prova a capirli, ad aiutarli. A risollevare le sorti di una generazione intera arriva Andrea Cangini, senatore di Forza Italia e membro della commissione istruzione, che grazie ad un’intervista del TG1 svela a tutte le mamme e i papà preoccupati quale sia la causa di tutti i problemi dei loro figli: “Il WEB”. Ed è così che il suo intervento comincia, sparando a zero sui social e su tutti i “diabolici” dispositivi elettronici che, a detta sua, rovinano i più giovani.
Nel suo grande minestrone di idee il Sen. Cangini inserisce anche i videogiochi, insistendo su un concetto in particolare: da quando questi dispositivi sono entrati nelle nostre case le nuove generazioni hanno cominciato a soffrire di disturbi psicologici, fisici e quindi sociali, in numero sempre più elevato. Qui commette il suo primo errore, affibbiando agli ultimi dieci anni l’avvento di Internet e dei videogiochi, ignorando completamente il fatto che sono presenti nelle vite di tutti da molto più a lungo. Tra confuse inesattezze e terminologie degne solo di chi di tecnologia non capisce nulla, il Sen. Cangini si dimena con poca grazia in un servizio televisivo che sembra voler essere uno spot al suo libro piuttosto che un serio esempio di cronaca.
Esatto, perché di un libro si parla; nel servizio non vengono mai citate delle fonti o dei dati confermati, con la scusa che tutte queste nozioni possano essere trovate all’interno del libro a cui Cangini ha lavorato: “CocaWeb Una generazione da salvare”. Il titolo, non particolarmente creativo, fa subito intuire le posizioni del Sen. Cangini che, come ripete anche nel servizio, sostiene la tesi secondo cui dall’utilizzo dei social e dei videogiochi non può che nascere un abuso di essi, comparandoli proprio all’effetto delle droghe.
Con una sicurezza incrollabile il suo discorso prende di mira senza distinzione tutto ciò che è virtuale, riempiendosi di luoghi comuni e frasi fatte, ma ormai invecchiate male e smentite. Quello che Cangini ignora, o forse fa finta di dimenticare, è il modo in cui ogni cosa che produce piacere, e quindi assuefazione, può scatenare una dipendenza.
Nonostante citi il suo vizio di fumare, il senatore non fa menzione di quanto siano dannosi vizi come il fumo e l’alcool, realmente pericolosi e sempre più diffusi. Ma la sua linea di pensiero va avanti come un treno e durante l’intervista continua a spaventare i genitori di tutta Italia vendendogli una meschina distorsione della realtà, secondo cui la colpa della sofferenza che ogni giovane italiano prova sia da ricercare totalmente nei mezzi virtuali, che invece usano, solitamente, per svagarsi e distrarsi da una realtà fin troppo difficile da vivere.
Il trucco di questa ideologia è semplice, e consiste in una mossa politicamente antiquata, scorretta: la ricerca di un capro espiatorio. Perché, ovviamente, sarebbe troppo difficile prendere coscienza delle difficoltà economiche, della mancanza di lavoro, dell’assenza di svaghi e di opportunità che colpiscono tutto il territorio, specialmente qui al Sud. No, qui in Italia basta confondere gli spettatori piuttosto che informarli, basta fare dell’allarmismo becero per attirare elettori seguendo quei luoghi comuni a cui credono anche loro.
Per cui si imputa a un mezzo così straordinario, così colmo di spunti di riflessione e di insegnamenti, come il videogioco o internet stesso, l’intera responsabilità del fallimento di una generazione che si è arresa, che non riceve aiuto e che viene costantemente messa in dubbio e criticata.
Non viene spesa neanche una parola nei confronti delle componenti artistiche o della funzione catartica che i videogiochi contengono, in quanto uno dei media dedicati principalmente al divertimento. È vero, noi giovani spesso ci rifugiamo in mondi virtuali, in vite che non sono le nostre e in sogni non tangibili, in rarissimi casi sfociando anche in una dipendenza da essi. È altrettanto vero, però, che demonizzare qualcosa non aiuterà mai nessuno. Fare di tutta l’erba un fascio (non a caso), serve solo a condividere inesattezze, facendosi forza con un’ignoranza che dilaga nei confronti di tutto ciò che è “nuovo”.
Ormai risulta necessario comprendere da dove nascano davvero i problemi che affliggono le nuove generazioni, chiedersi perché si sente sempre più il bisogno di evadere da questa realtà. Una sola cosa resta chiara: per trovare un modo di salvare questa generazione, bisogna conoscerla, contestualizzarla all’epoca che viviamo e a tutti gli elementi che ne fanno parte. Ci serve un dialogo che sia scevro di pregiudizi e disinformazione per arrivare alle radici del problema, ed estirparle insieme.
Nicolò Soresi
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