Nella vita di molti di noi, bambini negli anni ‘70, spesso il ricordo di certi avvenimenti, è indissolubilmente legato al bianco e nero delle immagini televisive. Abbastanza solitario nonostante la famiglia numerosa, per tutta una serie di motivi che non è il caso di analizzare in questa sede, passavo moltissimo tempo davanti al tubo catodico. Certi programmi hanno scandito così alcune fasi della mia crescita, come pare abbiano fatto per molti miei coevi, figli di quella borghesia per cui quattro calci ad un pallone in piazza, significava mischiarsi coi proletari.
Così, quando il confronto si rese necessario in età scolastica, non fu facilissimo integrarmi, fino al giorno in cui decisi di essere quel che ero e di esserne fiero… mi pare fosse lunedì scorso, ma potrei ricordare male.
“La tv dei ragazzi” mi ha sempre attirato profondamente, ma anche “i programmi dell’accesso” e persino “protestantesimo”, erano icone entrate anche nel linguaggio comune. E in quegli anni, la televisione offriva spunti culturali importanti, e mai una digressione nel volgare. Lo sdoganamento di Drusilla, pare poca roba rispetto al travestitismo di Paolo Poli. Era la cronaca che la faceva comunque da padrona, erano gli anni di piombo, quelli del banditismo del nord Italia, della Magliana, dell’anonima Sarda, parole e racconti che non mi sfioravano mentre Geronimo assediava il mio bellissimo Fort Apache di legno, dove i cowboy “italiani” (così chiamavo i soldatini di pistoleri “borghesi”per distinguerli dai cavalleggeri nordisti o sudisti) combattevano gli indiani selvaggi. Amai moltissimo un documentario sulla scoperta di Troia da parte di Schliemann, andato in onda prima della riproposizione dello sceneggiato dell’Odissea, e ancora le storie sul triangolo delle Bermuda di alcuni documentari più audaci, e quindi le mirabolanti avventure di Saturnino Farandola. Quando il 27 giugno del 1980, si persero le tracce del Dc9 dell’Itavia diretto a Palermo da Bologna, ebbe il colpo definitivo anche la mia innocenza. Ben poca cosa rispetto a chi in quella tragedia perse i familiari.
Tutti perdemmo definitivamente però, ( ma lo scoprimmo vent’anni dopo) l’abbraccio rassicurante dello stato che avrebbe messo i suoi figli al di sopra di tutto.
Avevo vissuto l’anno prima, una piccola vera tragedia economica nella mia famiglia, e dal benessere della villa fatta costruire da mio padre in una zona d’élite del palermitano, fui ospite per le vacanze estive da una zia che per me è ancora seconda madre, mentre la mia biologica portava a termine in quei giorni la gravidanza del mio unico fratello maschio. Dallo stesso televisore da cui appresi gli eventi di via D’Amelio, vidi giorni dopo le immagini dei corpi galleggianti, e le cronache dei ritrovamenti. Non erano stati gli Ufo, non erano stati inghiottiti da una distorsione spazio-temporale, come aveva immaginato la mia fantasia fanciullesca. Ma erano morti… tutti! Esplosi, morti nell’impatto, alcuni parsero anche annegati (ipotesi smentita dalle 7 autopsie sui 39 corpi recuperati), ed erano in quel mare che aveva fino a quel momento fatto da cornice ai miei momenti più spensierati delle gite in cabinato con mio padre, ai bagni a Cala Rossa, o alla spiaggia del Magaggiari.
Quel mare che oggi riporta altri corpi e altre colpe.
Fu la consapevolezza della morte vera sbattuta in faccia a tutti, senza filtri, a fare la differenza. Non si era adusi a certe immagini, e la violenza nelle fiction e nei film era allora riconoscibile come riproduzione ben lontana dalla realtà.
Si tentava di intercettare, per abbatterlo, il colonnello Gheddafi, secondo le dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, rilasciate moltissimi anni dopo… e pensando alla fine che proprio a Gheddafi hanno fatto fare, ci si chiede ancora di più se quegli 81 morti, non furono prezzo inutilmente alto per l’Italia.
La morte di quei 13 bambini e dell’ingenuità di decine di migliaia di altri, molti anni dopo quando barlumi di verità vennero fuori, è tra gli eventi nefasti che hanno creato generazioni di disillusi.
Grazie Italia.
Ignazio Soresi
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