il Vangelo della Domenica: senza il timore di sbagliare le parole

Tutte e quattro le letture di oggi presentano uno stesso tema, la preghiera: che non è quella misera cosa cui spesso viene ridotta, quando si limita a presentare a Dio un elenco di richieste, seguito dalla delusione di non vederle accolte. Pregare è ben altro! Anzitutto, la preghiera dovrebbe scaturire dalla consapevolezza di quanto già abbiamo ricevuto, ancor prima di chiederlo. Lo richiama la seconda lettura (Colossesi 2,12-14): “Sepolti con Cristo nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede… Con lui, Dio ha dato la vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe”. Consapevoli di questo e degli altri doni ricevuti, viene spontaneo ringraziare, come suggerisce il Salmo 137, usato oggi come responsoriale: “Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore… Rendo grazie al tuo Nome, per il tuo amore e la tua fedeltà… Signore, il tuo amore è per sempre!”

La preghiera, poi, non dovrebbe essere egoistica. Lo ricorda la prima lettura (Genesi 18,20-32), con l’episodio di Abramo che intercede per Sodoma e Gomorra, le città peccatrici che stanno per essere distrutte. “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?” Dio cede alla richiesta, e promette che se vi si trovano cinquanta giusti, perdonerà a tutta la città. Allora Abramo, con crescente audacia, abbassa progressivamente il limite: forse ai cinquanta ne mancheranno cinque… forse sono solo quaranta… trenta, venti, dieci… Ogni volta Dio cede alla richiesta; “Non la distruggerò per riguardo a quei dieci”, conclude.

Due considerazioni. Abramo non chiede per sé; prega per gli altri, e ottiene! I giusti sono il parafulmine dei peccatori: se questo mondo, dove tante volte sembrano trionfare i malvagi, non è ancora andato in rovina, forse è perché ci sono, nascosti ma ci sono, tanti uomini e donne dei quali Dio, nella sua misericordia, ascolta le suppliche. E forse anche ciascuno di noi ha beneficiato senza saperlo delle preghiere di altri: ad esempio i santi, quelli conosciuti e i tanti altri di cui non sospettiamo neppure l’esistenza.

Molto denso, sulla preghiera, è poi il brano evangelico (Luca 11,1-13). “Gesù si trovava in un luogo a pregare…”: se qualcuno si chiede se occorra davvero impegnarsi nella preghiera, basta consideri che l’ha fatto persino Lui! Il brano prosegue riferendo che uno dei discepoli, al vedere il Maestro, gli ha chiesto di insegnarci a pregare, e allora Gesù risponde insegnando il Padre nostro. Su questa sublime orazione si può stare a riflettere all’infinito; ma conta, prima di ogni altra considerazione, il fatto che la possiamo recitare, cioè possiamo rivolgerci a Dio senza timore di sbagliare le parole, perché sono quelle che Lui stesso ci ha messo sulle labbra.

Subito dopo, Gesù raccomanda una preghiera perseverante e fiduciosa, senza timore di apparire importuni. Lo fa con l’esempio di un tale che nel pieno della notte va da un amico a chiedergli tre pani, e questi, “anche se non si alzerà perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”.
Queste assicurazioni sembrano contraddette dalle tante richieste non esaudite, a motivo delle quali qualcuno abbandona la preghiera; ma ecco anche su questo l’insegnamento di Gesù: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” In altre parole: chiediamo pure quello che ci pare opportuno, ma poi lasciamo la risposta a Dio che è Padre, e ci dà quello che va davvero bene. Lui lo sa meglio di noi.

Mons.Roberto Brunelli

A cura di Giuseppe Fumia



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