Quando tutti cominciammo ad aspettare i Visitors più o meno ostili, e da un qualunque cimitero dovevano uscire i morti viventi.
Ereditando il gusto post-rinascimentale dei racconti esotici e delle raccolte di mirabilia che portarono alla nascita delle collezioni private e, in linea di diretta discendenza, alle raccolte museali, gli anni ‘80 furono degna fucina per il proliferare di teorie affascianti quanto mai improbabili.
Seppure molte di queste teorie, ammantate da un velo di plausibilità davvero sconcertante, sono evidenti ascendenze delle moderne teorie complottiste, altre sono entrate a far parte di una certa visione della realtà, per cui quando di scoprono certi avvenimenti in qualche modo riconducibili, tutti le pensano più che reali.
Ecco per esempio, la leggenda metropolitana degli Uomini in Nero, elegantissimi agenti segretissimi di una altrettanto segreta agenzia di intelligence americana, che si occupava di occultare prove o tacitare testimoni di avvenimenti inspiegabili solitamente collegati al fenomeno ufo, entra nella cultura popolare e ne diventa parte integrante. Tanto che, se un simil Will Smith o Chris Hemsworth, si mostrassero per le strade teatro di un accadimento straordinario , nessuno si stupirebbe troppo, ritenendo una tale agenzia cripto-governativa, una realtà possibile. Cominciamo questa narrazione proprio dagli Uomini in Nero, i Man in Black della recente cinematografia, che a queste figure si ispira.
A darne un importante risalto, gli scritti dei primissimi fanta-archeologi, accomunati dalla teoria degli antichi astronauti che a più riprese in passato avrebbero visitato la terra, agendo anche sull’evoluzione della sua civiltà se non addirittura generandola. Tra questi ricordiamo con piacere, Peter Kolosimo, pseudonimo di Pier Domenico Colosimo, italianissimo giornalista scrittore di questi temi, tradotto in tutto il mondo, uno dei precursori di queste teorie. Negli anni ‘70 una serie di libri, lo resero un must degli scaffali di tutti coloro che, anche in quella che rimase pseudo cultura per sempre, riconoscevano istanze di rottura della narrazione piatta e acritica di allora e per certi versi, anche di quella odierna.
Alle nostre latitudini, dai suoi scritti diffusissimi, questa figura degli Uomini in Nero, trovò risalto seppure la loro presenza è già legata ad una delle primissime cronache di alcuni avvistamenti negli Stati Uniti.
Nel 1947 un pescatore dichiarò di avere avvistato, insieme al figlio ed altri tre testimoni, una squadriglia di sei dischi volanti, in una zona costiera nello stato di Washington dove abitava, i cui detriti rilasciati in volo avrebbero ucciso il cane che era con loro e ferito il figlio.
Dichiarò anche di avere ricevuto, il giorno dopo, una visita da parte di un uomo che descrisse alto e muscoloso, vestito con un completo nero, che gli parve potere appartenete ad una agenzia o all’esercito: questi, gli pose molte domande sull’accaduto e lo intimidì rispetto all’opportunità di divulgare gli eventi.
Saranno poi i giornalisti che indagarono molti anni dopo sulla vicenda di questi avvistamenti, non molto nota da noi, ma notissima negli USA, tanto che se ne fece un film nel 1956, a coniare in questo caso l’appellativo diventato di uso comune dei Man in Black.
I resoconti di Peter Kolosimo, i riferimenti multimediali nei fumetti tematici e nelle serie televisive, X-Files in testa, ma apparizioni nelle opere di Spielberg, come “E.T.” o “Close enconters of the third kind”, e ancora riferimenti nella madre di tutte le serie di questo secolo, “Lost” che di tutte queste leggende e teorie si produce in un immenso spettacolare mix, e le ultime pellicole, renderanno queste figure familiari a tutti noi, togliendo il gusto a quei pochi appassionati di quella letteratura di stupire gli ascoltatori allora ignari, nella serate in goliardica compagnia.
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