Questa, forse, è una delle parabole piú sorprendenti di Gesù. I due personaggi centrali, il fariseo e il pubblicano, vengono abilmente descritti da Luca. Nel loro modo di pregare traspare la loro idea di Dio, della fede e della vita. Vediamo un po’ piú da vicino i due personaggi.
Il fariseo prega in piedi, sicuro di sé e dei suoi meriti. Non chiede e non attende nulla da Dio. Il fariseo è irreprensibile nel rispetto della legge, forse fa pure di più di quello che gli è chiesto, le sue opere sono buone, è un uomo con la coscienza tranquilla. Senza dubbio è il prototipo del credente perfetto.
Lí accanto, in un angolino, c’è il pubblicano. Non si sente a suo agio in quel luogo santo. Sa che la sua vita è un disastro e riconosce i suoi peccati. Non promette nulla, non puó farlo. Non puó cambiare lavoro e nemmeno cambiare vita. L’unica cosa che puó fare è mettersi nelle mani di Dio, confidare nella sua misericordia.
Dopo aver narrato le due scene parallele, l’evangelista riporta il commento scandaloso di Gesù: il pubblicano, e non il fariseo, ritorna a casa giustificato. Davanti a queste parole si sbriciolano tutti gli schemi religiosi del tempo.
Il fariseo, perfetto e irreprensibile, non ha fatto altro che sbandierare i suoi meriti, la sua preghiera è totalmente autoreferenziale. Al posto di pregare, loda la sua perfezione e informa Dio della sua rettitudine e della miseria degl’altri. È un uomo totalmente concentrato su se stesso, prigioniero della sua perfezione. Tutti i verbi sono alla prima persona singolare, la sua preghiera gira tutta intorno al suo “io”. Il fariseo, poveretto, si è dimenticato della parola piú importante della preghiera: “Tu”.
Il pubblicato torna a casa giustificato perché, non avendo nulla da sbandierare o da offrire, puó solo ricevere. Le sue mani sono vuote e lo sa. È un uomo peccatore, ma che fa la cosa piú importante: entra in punta di piedi nello spazio intimo del “Tu” e si apre alla misericordia di Dio.
don Roberto Seregni
XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/10/2022)
Vangelo: Lc 18,9-14
Rubrica di Giuseppe Fumia
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