I racconti del Professor Antonino Russo hanno, in questi momenti difficili per la città, un forte potere lenitivo. Ci narrano di eventi che avevano un sapore genuino, che a Bagheria si sta perdendo definitivamente.
Mio nonno Antonino era devoto dell’Addolorata. Quando dalla chiesa del Sepolcro partiva la processione, il nonno stava sul lato destro della “vara” e teneva in mano un cordone che scendeva dalla statua della Madonna. Io avevo sei anni e lo guardavo con profonda ammirazione. Quando è morto il nonno, nel 1942, la tradizione è stata mantenuta in vita da mio padre. Alla sua morte il compito doveva essere di mia competenza. Purtroppo io nel 1959 mi sono trasferito a Napoli e così si è interrotta una tradizione familiare che era soltanto al secondo stadio.
Ai primi del novecento si teneva molto a queste tradizioni. Poi, a mano a mano che passavano gli anni, si sono affievolite, fino a scomparire. Esse sono state abbandonate dai giovani che le hanno classificate come retrograde.
Ancora negli anni cinquanta del secolo scorso certe posizioni assunte venivano difese ad oltranza. Ricordo che nella nostra Associazione Cattolica San Giovanni Bosco l’amico Michele nelle cerimonie portava in giro la bandiera.
Guai a chi gliela toccava! Di cambiare mano non se ne parlava proprio. Durante la sfilata Michele la teneva con piglio altero, procedeva con passo maestoso. Al rientro in sede andava a deporre la bandiera in un armadietto ed era proibito toccarla.
Oggi i giovani hanno altre idee, inseguono altri traguardi; forse alcune nostre consuetudini vengono giudicate ridicole.
In ogni caso è il segno di tempi diversi. La modernità dovrebbe essere indice di progresso. Qualcuno sostiene di no. Io in questo momento faccio il cronista: descrivo quel che accadeva ieri.
Ad altri il compito di dare giudizi di merito o demerito.
Antonino Russo
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