Fernando Riccardi, uno degli autori, ha raccontato come è nata l’esigenza di trattare dell’omicidio di Emanuele Notarbartolo sul treno tra Termini e Trabia. Il primo omicidio di mafia dell’Italia unita.
Presso la sala Pappalardo della parrocchia di San Pietro, si è ripercorso ieri un triste capitolo di storia della Sicilia e di Palermo in particolare. Un momento di cultura e di ricostruzione storica, che come spesso accade per la nostra isola, è legato al fenomeno mafioso.
Grazie all’associazione Profumo di Zagara – Bagheria, e alla sua Presidentessa Concetta Rotino, insieme all’associato Francesco Scaduto, il giornalista, storico e scrittore Fernando Riccardi che è uno degli autori, ha incontrato un buon numero di participanti, e ha raccontato alcuni aneddoti sulla stesura del testo che è un attento lavoro sulle fonti dirette di varia natura.
Numerose le autorità presenti: l’attuale Sindaco di Bagheria, Filippo Maria Tripoli, due consiglieri comunali, Francesco Gurrado e Antonella Insinga, l’ex Sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque, e i neo deputati regionali Salvatore Geraci, che è anche Sindaco di Cerda, e Ismaele La Vardera, eletti nelle liste di Cateno De Luca, che con questo territorio e con gli organizzatori dell’evento hanno un particolare legame.
27 coltellate sull’Omnibus 3 tra Termini Imerese e Trabia da due mafiosi di Villabate con la presunta complicità di due ferrovieri di cui uno bagherese, è il primo omicidio di mafia eccellente dall’unità di Italia, cento anni prima della stagione delle stragi, il 1 Febbraio 1893.
L’omicidio del marchese Emanuele Notarbartolo, che fu anche Sindaco di Palermo, matura nell’ambiente del Banco di Sicilia di cui fu direttore generale, il cui consiglio era fortemente inquinato da commistioni politico-mafiose.
Nelle parole dell’ autore, lo stesso aneddoto del ritrovamento presso un rigattiere, di un antico volume che conteneva la stenografia di atti del processo svoltosi anche a Bologna nel 1901, e di come questo diventi “Assassinio sull’omnibus 3”,è da solo una bella storia, di quelle che Zafon avrebbe raccontato volentieri nelle narrazioni sui “libri dimenticati”.
Iganzio Soresi
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