La recensione di Mimmo Aiello
Le mappe della memoria
Un libro bello da leggere per la prosa chiara ed elegante che coniuga la limpidezza della scrittura con la ricercatezza della lingua colta
Interessante per la struttura polifonica che consente una visione complessiva e varia delle storie vissute nel xx secolo da migliaia di famiglie siciliane che hanno lavorato e combattuto per una società più giusta e solidale.
Coinvolgente perché svolge una riflessione acuta e profonda su come eravamo e su come siamo diventati: vittorie (poche) e sconfitte (molte) che anziché indebolirci ci hanno reso più vigili e attenti nell’analisi dei cambiamenti veloci e profondi che stiamo vivendo.
Maurizio Padovano guida il lettore attraverso la memoria familiare e collettiva per scoprire la verità sull’assassinio del leader sindacale e politico bagherese Agostino Aiello.
La sera del 24 dicembre del 1976 mentre tutti i bagheresi si preparavano a festeggiare la vigilia di Natale con la famiglia e gli amici improvvisamente una voce si diffonde con grande velocità, come tutte le pessime notizie: “hanno ammazzato Agostino Aiello! “
Una piccola folla di persone accorre sul luogo del delitto (a due passi dal Corso Umberto e vicinissimo all’aristocratico Pilastro del principe Gravina di Palagonia), la gente viene tenuta a distanza dagli agenti di polizia e da Palermo arrivano i migliori investigatori insieme a fotografi e giornalisti.
Tanti a Bagheria conoscevano Agostino Aiello e il suo trentennale impegno sindacale e politico come segretario della Camera del Lavoro di Bagheria e consigliere comunale del P.C.I e ne conoscevano la tempra e la dedizione assoluta alla causa dei lavoratori e dei disoccupati. Ecco perché lo chiamavano Testa di ciaca! Invece in una serata dedicata alle gioie familiari arriva la tragedia: Agostino ucciso, con dei colpi di pistola da due assassini… Per terra accanto al corpo solo un sacchetto della spesa con poche cose acquistate poco prima della chiusura nella piccola Coop di cui era anche il presidente.
Padovano ricostruisce le vicende successive: un comizio affollatissimo e un intenso discorso di Pio La Torre, segretario regionale del PCI, che chiede il massimo impegno da parte della magistratura nella ricerca dei colpevoli ed esprime il dolore e la rabbia per l’ennesimo assassinio. Un corteo funebre con oltre cinquemila persone, e poi il processo contro ignoti. I dubbi sulla natura del delitto: rapinatori? Mafiosi?
Ancora oggi nulla sappiamo con certezza.
Altri delitti, altre stragi si susseguono e lentamente la memoria delle generazioni sbiadisce e scompare.
Quando però la memoria delle istituzioni stenta a ricordare interviene la memoria pubblica e qui sta il grande pregio di Teste di Ciaca: Padovano sviluppa una rappresentazione delle mappe della memoria di tante persone che sostanziano con i loro ricordi e le loro testimonianze rese all’autore la loro vita in questo paese.
Come in un affresco medievale tutti i testimoni si trovano uno accanto all’altro in una folla apparentemente disomogenea (ma è solo un’impressione sbagliata) invece ricostruiscono così la loro vita e il rapporto con gli altri e in particolare con la famiglia, con il paese, con il lavoro e con i compagni spinti dalle stesse idee di Agostino. Bellissimo e folgorante l’incipit del racconto :
“Cordova. Si chiamava contrada Cordova. Era la destinazione delle passeggiate mattutine con mio nonno, da poco pensionato. Credo sia stato il mio primo altrove. Il luogo vicino, eppure lontanissimo, dove ho sperimentato per la prima volta la distanza da casa, l’interruzione momentanea del legame con i miei genitori, l’incontro con altri uomini che popolavano un mondo che avrei imparato a poco a poco a riconoscere come il mio mondo. “
Le mappe della memoria di generazioni vengono dispiegate dall’autore con una sapienza narrativa e il narratore si palesa dialogando con i lettori sui singoli dettagli dell’affresco che sta realizzando, spiegandone il valore e sottolineandone anche le contraddizioni.
Maurizio Padovano individua il cuore pulsante della sua narrazione nella capacità di saper leggere la topografia dei ricordi personali e collettivi e nella possibilità di trasformare i sogni e le speranze in utopie concrete, come direbbe Ernst Bloch.
Non sono un critico di mestiere anzi ritengo come è giusto, che sia il lettore il vero riferimento del narratore. Le persone sono sempre uniche e irripetibili ma lo scrittore, se è bravo, le rende universali e il lettore le riconosce come se fossero dei parenti o amici cari. Ecco perché, Teste di ciaca si legge come un libro, ma io lo vedo più come un film per la vivida rappresentazione ricchissima di momenti cristallini di spazio e tempo che scorrono pagina dopo pagina, fotogramma dopo fotogramma. Come il film della vita.
Mimmo Aiello
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