La società civile di Bagheria, convocata dalla comunità ecclesiale ha risposto numerosa, ma non è tutto oro quel che luccica.
La tragedia della maestra Spanò è carne viva in chi sta vivendo il territorio e ne percepisce il disagio sociale. Chi ha figli in giro la sera, o ha genitori e anziani che non si sentono accuditi e sicuri, oppure ancora, i più deboli socialmente, economicamente e fisicamente, vive alla giornata, in tensione, sul chi va là, soprattutto negli ultimi tre anni. Quando succedono eventi che scoperchiano questo orribile vaso di Pandora, battersi il petto con i mea culpa, ha senso solo se dopo dieci minuti prendi le redini della città e cambi decisamente direzione, e se prima di arrivarci hai fatto tutto quello che potevi, coi segnali che giungevano da tutte le parti sociali, cittadini in testa.
Alla società di Bagheria, ieri è stata tesa un’imboscata. Ad attirarli nel tranello gli stessi che non hanno dichiarato il lutto cittadino il giorno delle esequie, per non bloccare una manifestazione mondana, il raduno delle Ferrari, che ha fatto tappa statica a pochi metri dalla chiesa, dando a Bagheria la scelta tra solidarietà morale e mondanità festante, che non doveva essere data.
Non una sola volta nella locandina fatta girare dalla comunità ecclesiale per la fiaccolata di ieri sera, si era parlato di presenza e relativo intervento di organi comunali che non hanno nessun titolo per le disamine sociale, e ne hanno fatto un attacco senza confronto a chi, come alcune associazioni di cittadini (che loro non vogliono riconoscere perché non politiche), si spende sui social e sul territorio, per denunciare il degrado in cui viviamo da tre anni e di cui siamo tutti vittime e spettatori. Un intervento che molti hanno subìto senza coglierne le prerogative, ma che ha invece disturbato tanti altri che hanno cominciato a rumoreggiare sino ad una contestazione palese.
Non era il momento di lanciare attacchi a nessuno, come loro stessi hanno sottolineato era il momento di stare zitti e non strumentalizzare, e allora perché non farlo? Perché parlare e concludere il discorso con l’enfasi di chi si attende un applauso?
La tragedia è avvenuta, nonostante l’esposizione pubblica della maestra impegnata in attività parrocchiali, sotto gli occhi indifferenti di tutti, e anche quando il corteo si è fermato sotto il luogo dell’omicidio, le mura domestiche non più rassicuranti per nessuno, i giovani gioiosi del venerdì sera di un pub di fronte, hanno continuato a ridere, urlare, ubriacasi e fumare a cielo aperto, con la stessa identica indifferenza. Così come è successo a Piazza Sepolcro, mostrando due volti di Bagheria che sono la dualità stessa di chi la amministra: quello costernato per dieci minuti, tra anni di silenzio indifferente, e quello che non può scontentare gli indifferenti chiedendo o imponendo 20 minuti di chiusura ad esercizi, che sul tema sicurezza e degrado sociale e giovanile andrebbero guidati ad una diversa collaborazione.
Ieri sera, nonostante tutto, Bagheria ha mostrato di essere comunità, ma non quella che si vorrebbe imbrigliata in una costante campagna elettorale, ma una comunità normale, e non è neanche necessario, elencare chi erano le associazioni e i soggetti intervenuti in un ulteriore inchino riverente. Basta dire che c’era Bagheria, era sufficiente per accreditare il valore della iniziativa che anzi rischia di essere delegittimata da presenze istituzionali.
Tanto che, deve essere inteso come un segnale importante, il fatto che la comunità ha risposto quando è stata erroneamente convinta, che si trattava di una manifestazione di solidarietà scevra da altre implicazioni. Basta guardare il risultato di altre manifestazioni recenti su problematiche usate strumentalmente, che sono fallite miseramente nei numeri e nelle tipologie di interlocutori, per capire questo passaggio.
Ora vediamo cosa si racconterà di questa fiaccolata, cosa si tacerà e quale lettura se ne farà. Vediamo cosa proverranno a racontare a Bagheria, e Bagheria vedrà come la tragedia non avrà insegnato nulla, e come piuttosto la si cercherà di dimenticare il prima possibile, nascondendola alla coscienza e agli occhi dei cittadini, come la scritta “Aspra” inaugurata in questi giorni ha nascosto la lapide commemorativa di Isidoro Andrea Aiello.
Gli unici che hanno voluto dare un senso politico alla coscienza di Bagheria, violando il silenzio invocato nelle bocche degli altri, sono stati proprio loro.
Maria Scaduto
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