Ancora una volta i ricordi del Professore Antonino Russo, ci restituiscono una Bagheria quasi “arcadica”. Novello Teocrito, recuperiamo con lui immagini che immediatamente diventano parte di una memoria comune. Se dovessimo scegliere cosa ricordare della città odierna tra 50 anni, forse sceglieremmo di dimenticare e basta.
All’inizio del Corso Butera, dove c’è il passaggio a livello e la strada ferrata, vi era un masso a guglia che segnava l’inizio del paese. Quando è stata tranciata la strada (il rettifilo) per andare ad Aspra il masso con la guglia è stato rimosso.
Nella fantasia dei bambini ‘a puntaugghia era una barriera invalicabile che chiudeva il paese e lo metteva ai riparo da possibili invasioni di corpi estranei al nostro ambiente.
Ora al posto della guglia vi sono le sbarre che proteggono la strada ferrata da dove passano i treni della linea Palermo-Messina a delimitare, in modo immaginario, il territorio cittadino.
Dalla casa di mio nonno, ai tre portoni, vedevo abbassare le sbarre, udivo il suono della campanella e quindi vedevo passare il treno. Quando questo andava verso Palermo, lo vedevo anche dal terrazzo dietro la casa che dava verso l’odierna via città di Palermo. Allora, ovviamente, era tutta campagna, una distesa di alberi di limoni. Qualcuno, con una forcina legata a una canna, riusciva a recuperare qualche giallo agrume.
Se, però, affacciandosi dal muretto c’era un contadino nelle vicinanze, il limone era possibile averlo chiedendolo gentilmente in dono.
Ogni tanto con una mia zia raggiungevo la puntaguglia, andavo al di là dei binari e percorrevo un tratto di rettifilo verso Aspra, fino ad un terreno di proprietà di mio nonno: questo comprendeva una casetta appollaiata su una striscia di pietra di tufo arenario, residuo di una cava. All’inizio di quel campetto vi era una grossa giara sempre piena di acqua piovana nella quale nuotavano alcune ranocchie con le quali io giocavo. Da grande mi sono reso conto che quel terreno era minuscolo, ma da bambino lo valutavo abbastanza esteso, utile per i miei giochi infantili.
Io e la zia ad Aspra andavamo a piedi. Alla fine del rettifilo (Corso Baldassare Scaduto) c’era un ufficio del Comune di Bagheria nel quale era impiegato un fratello di mio padre. Proseguendo per la strada verso il paesello di pescatori in estate si trovavano altri miei zii intenti a villeggiare.
Fatte le dovute visite, io e mia zia risalivamo, sempre a piedi, il Corso Baldassare Scaduto per tornare ai tre portoni (così chiamati perché anticamente vi erano tre arcate che portavano alle terre del Principe di Palagonia). La guglia è stata rimossa ormai da tempo immemorabile, ma il nome “PUNTAGUGLIA” è rimasto nella parlata popolare.
Antonino Russo
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