Gli apostoli sono ancora imbevuti delle dottrine degli scribi e dei farisei. Per loro, Gesù dice queste tre parabole.
Zizzania
La parabola della zizzania si trova solo in Matteo. La zizzania è una graminacea i cui grani nerastri sono tossici e hanno un effetto narcotizzante, molto simile al frumento, impossibile da distinguere finché non arriva la mietitura quando la differenza è chiara. Il rischio, poiché le radici s’intrecciano, è di sradicare con la zizzania anche il grano.
«Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura». Ovviamente Gesù non vuole dare consigli di agronomia. Lasciatela la zizzania: il male e il bene devono crescere insieme. Verrebbe da dire: ma come “lasciatela”? Il male va tolto, estirpato! Cos’è questa storia di lasciar crescere il grano con la gramigna? Bisogna purificare. Noi abbiamo sempre una violenta fretta di moralizzare e mettere a posto. Gesù mette in guardia gli apostoli da quella tentazione, sempre presente in ogni comunità religiosa, di formare un gruppo di migliori o di puri. Dio non divide i buoni dai cattivi. Gesù non vuole una comunità ristretta di “puri e duri”. Farisei, scribi e maestri della Legge erano davvero maestri in questo. La cosa si è ripetuta nei secoli: quanti fanatici difensori della fede hanno ucciso, condannato, fatto guerre per estirpare il male. Una religione che si ritenga superiore alle altre è una religione aggressiva e pericolosa perché ogni superiorità crea inferiorità.
Benedetto XVI, durante l’omelia nell’inizio solenne del Pontificato, il 24 aprile 2005, disse: «Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini».
Gesù non nega la necessità di separare il bene dal male, ma annuncia che non spetta agli uomini (per fortuna…) e neppure lo farà lui. Non allontanerà i peccatori, anzi li avvicinerà e per loro avrà un’attenzione speciale. Non punterà il dito, ma allungherà la mano verso chi si sentirà giudicato dai ben pensanti del tempo. Non si circonderà di perfettini (ogni riferimento ai dodici è puramente voluto!). Amico lettore, supera la tentazione del giudizio, smettila di comportarti come i mietitori della parabola. Devi amare questa Chiesa, non quella dei tuoi sogni, quella in cui vivi, con cui ogni domenica spezzi il pane e ascolti la Parola.
La parabola racconta in fondo due modi di guardare: i servi vedono soprattutto il male; Il padrone, invece, fissa il suo sguardo sul bene. Ecco, Dio ci guarda così: noi non siamo le nostre debolezze; non siamo creati a immagine del nemico, ma a immagine del Creatore; non coincidiamo con il nostro peccato, con le nostre fragilità. Se non vediamo la luce in noi, non la vedremo in nessuno. Davanti a Dio il bene è più importante del male, una spiga di grano conta più di tutta la zizzania del campo. Amico lettore, il bene vale di più e il bene possibile domani è più importante del male di ieri.
Senape
Il regno di Dio è come un granello di senape. A noi non dice nulla, ma immagino la sorpresa di chi stava ascoltando. Il profeta Ezechiele immaginava il regno di Dio come un cedro, il re degli alberi. Insomma, l’idea che i profeti e le persone avevano del regno di Dio era di qualcosa di grandioso, potente. E invece l’immagine scelta da Gesù è il granello di senape che, come sapevano i palestinesi di allora, cresce dappertutto. E’ un seme piccolissimo che s’insinua tra le fessure delle case, sopra i tetti, per le strade. Gesù sta dicendo innanzitutto che il regno di Dio può arrivare dove meno te lo aspetti. E poi è un arbusto che non attira l’attenzione. Se non lo conosci, neppure te ne accorgi mentre cammini.
Il regno di Dio non è spettacolare, può anche non essere visto. E’ ancora una volta pacificante sapere che tutto ciò che riguarda Dio all’inizio è piccolo ma se gli dai spazio, se lo lasci crescere, è capace di riempire il mondo! Se guardiamo ciò che siamo ci verrebbe da deprimerci ma se vediamo la potenza che ci abita, allora possiamo “infestare” il mondo di amore. Occhio! Non è il granello di senape a salvare il mondo. Il mondo è già stato salvato, tranquilli. Mentre altri seminano morte, noi contadini del Regno, seminiamo buon grano: semi di verità, pace, giustizia, sapendo che Dio stesso è all’opera.
Gesù, quando parla del granello di senape, sta anche parlando di sé. Dietro la sua apparente piccolezza, si nasconde una grandezza inaudita. A noi il compito di accoglierla, di saper leggere in quell’apparente debolezza la forza di Chi per amore è venuto per servire e non per essere servito.
Bisogna avere davvero tanta speranza per cominciare qualsiasi cosa con poco! Curioso: le cose più insignificanti agli occhi degli uomini possono diventare talmente grandi da offrire a ogni uomo segni evidenti dell’amore di Dio. Dodici ignoranti hanno iniziato a evangelizzare il mondo; una piccola contadina (Bernadette) di uno sperduto villaggio dei Pirenei (Lourdes) è diventata ambasciatrice dell’amore di Maria; una minuta suora albanese (Madre Teresa) si è fatta piccola matita nelle mani di Dio per scrivere storie d’amore fra le strade di Calcutta. A Betlemme, un insignificante villaggio della Giudea, Dio ha scelto di far nascere suo Figlio. Se solo avessimo la capacità di lasciarci stupire e meravigliare dai misteri che Dio attua ogni giorno nella vita…
Lievito
L’attenzione di questa terza parabola è sull’azione nascosta del lievito che fa fermentare tutta la pasta: per ottenere questo risultato, è sufficiente un po’ di lievito. «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tre staia di farina sono quasi mezzo quintale e il pane ricavato da questa quantità fornirebbe un pasto a più di cento persone. Vi è una sola donna, nella Bibbia, che abbia impastato tre staia di farina, Sara, moglie di Abramo, che secondo Gn 18,6 accoglie con questo banchetto i tre ospiti che le annunziano la nascita di Isacco, il figlio della promessa.
Le parabole della senape e del lievito leggono la storia del regno come un unico straordinario processo di crescita che dagli inizi più modesti, con Abramo e Sara, si svolge in forma ancora nascosta lungo tutto l’Antico Testamento (la Legge, i Profeti) fino all’attuale irradiamento ecclesiale, quando il regno assume delle proporzioni universali.
La senape, l’infinitamente piccolo e il lievito, l’infinitamente nascosto. Amico lettore, la vita non si cambia con sporadici atti eroici, ma attraverso piccoli gesti quotidiani che rendono la vita più umana, più vera. Il regno di Dio o cambia la realtà da dentro oppure è un’ideologia.
La bella notizia di questa domenica? Il mondo non ha bisogno di cristiani perfetti, ma di discepoli consapevoli del proprio limite, che attendono con passione al loro lavoro, amando questo mondo seminato a grano, consapevoli del limite che Dio riempie di tenerezza.
XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/07/2023)
Vangelo: Mt 13,24-43
Rubrica a cura di Giuseppe Fumia
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