L’uomo di oggi sa che c’è un regno dei cieli? Forse il credente ogni tanto ci pensa, ma la maggior parte dei battezzati sembra vivere un’esistenza schiacciata sul presente, ponendosi solo in occasione della morte di un parente o di un amico il problema di un ‘oltre’.
Eppure Gesù in molte parabole traccia l’orizzonte della vita ultraterrena e la fa coincidere col cuore del suo messaggio, ossia il regno dei cieli. Dunque il futuro è un regno, che nell’immaginario collettivo suppone un sovrano, una coorte, ricchezza e potere. Questi elementi costitutivi dei regni umani assumono, nella dimensione divina, il sigillo dell’amore: il regno dei cieli è la vittoria dell’amore su tutto il vissuto dell’uomo. Comprendiamo allora perché Gesù usi l’immagine delle nozze, grembo e casa dell’amore, per parlare del regno.
La parabola delle vergini presenta i tratti tipici del matrimonio ebraico, all’inizio del quale lo sposo si recava in casa della donna per condurla nella loro nuova dimora, dove si sarebbe svolta la festa. Ad attenderlo c’erano le damigelle, che recavano in mano fiaccole per il corteo. Fin qui la tradizione è rispettata; tuttavia notiamo delle stranezze che mettono in crisi una certa visione romantica delle nozze: perché anche le vergini sagge si addormentano? Perché appaiono così egoiste da rifiutare di condividere l’olio con le stolte? Come è possibile che suggeriscano alle altre di andare a comprare l’olio al mercato, essendo sicuramente chiuso a quell’ora? Perché lo sposo è spietato e dice di non conoscere le vergini stolte, escludendole dalla festa? Naturalmente le parabole giocano appositamente sui particolari impressionanti per indurre l’uditore a pensare e per svegliarlo dal sonno spirituale.
Il pericolo infatti dei cristiani ai quali Matteo scriveva era il venir meno della vigilanza in seguito al ritardo del ritorno di Cristo alla fine dei tempi, che si riteneva imminente. Ciò aveva provocato la decadenza alla vita dissoluta occorsa prima della conversione, quasi che il credente, per vivere in coerenza col vangelo, debba pensare che la sua morte sia prossima e temere il giudizio di Dio. Purtroppo anche oggi spesso accade questo: quando stai bene non pensi che l’esistenza volgerà al termine e vivi come se Dio non ci fosse, come se un giorno non dovrai presentarti a Lui per raccontargli l’amore che hai donato, e se non avrai amato…rischierai di rimanere fuori della vita che non muore.
La parabola ci mette in guardia circa il fatto che ci si può addormentare anche dopo aver predisposto tutto l’occorrente per accogliere nel modo giusto lo sposo. «Presero le loro lampade», ossia l’equipaggiamento delle virtù evangeliche per andare «incontro allo sposo»: questa fase di preparazione richiama l’inizio del cammino cristiano, il momento della conversione, in cui la vita si dispone all’attesa di Colui che ha già toccato il tuo cuore, anche se non sei ancora tu la sposa, ma una damigella che però si immedesima e fa sua la gioia della sposa.
Il grido di chi annuncia l’arrivo dello sposo è il momento della tua verità, in cui devi farti trovare pronto, perché è l’amore a chiamarti, e non possiamo perdere l’appuntamento con l’amore. Il Signore viene in tanti modi diversi: in una decisione importante da prendere per il tuo futuro, può visitarti nella malattia, chiederti di farti carico di un fratello bisognoso. Può succedere invece di precipitare nel sonno dell’incuria e ritrovarsi senza olio nella lampada.
Allora forse il punto è non tanto farsi trovare svegli, perché posso addormentarmi qualche istante, possono esserci imperfezioni nella vita di fede; tuttavia, assopito, posso sognare i passi dello sposo insieme alla sua voce e destarmi quando arriva, avendo l’olio «in piccoli vasi». Non si dice che occorre avere un vaso enorme che contenga una grande quantità di olio, perché esso non solo sarebbe difficile da trasportare, ma anche da versare: rischieremmo di far fuoriuscire l’olio sprecandolo o spegnendo addirittura la fiamma. Bastano dunque piccoli vasi che ogni giorno dobbiamo aver cura di riempire con quell’olio che è solo nostro, perché spremuto nelle vicende della vita che a volte ti stringono ma che, mentre ti provano, ti permettono di secernere l’olio migliore.
Se il Signore al termine della vita ci dirà «non vi conosco», dipenderà dal fatto che non abbiamo voluto conoscerlo e non ci siamo fatti conoscere, cioè non gli abbiamo raccontato tutto l’amore di cui eravamo affamati e lo abbiamo raccontato a falsi sposi, che ci hanno solo illuso. Vigiliamo perché ciò non accada!
don Antonino Sgrò
XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/11/2023)
Vangelo: Mt 25,1-13
Rubrica religiosa a cura di Giuseppe Fumia
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