Sull’ultima opera del pittore Nuccio Squillaci

Un vero gioiello. Un diamante di luce trascendente. Un’opera e un esempio di trasfigurazione della materia, che niente ha più a che fare con l’informale e l’astrazione. Quella di Nuccio Squillaci é semplicemente la rivelazione o meglio l’epifania di un’altra dimensione, quella dello Spirito, che, sia pure in un dipinto, sperimenta la sua teofania.

Se lo Spirito é l’essenza dell’Anima e del Divino, nella sua immanente, “materica” e pertanto non hegeliana fenomenologia si può dire che Nuccio attua il suo personale ed “immaginale” incontro con Dio. La sua pittura, quella vera, quella che davvero gli é congeniale, è infatti rigorosamente una “raffigurazione”, nel suo splendore di luce abbagliante, della Forma teofanica, che nella sua essenza é in sé manifestazione dello Spirito.

E di certo non é affatto strano né quanto meno paradossale che l’arte di Nuccio possa pervenire a tali manifestazioni, giacché il suo inguaribile amore per la materia ha in sé la forza del desiderio, quel desiderio grazie al quale l’amante sempre trasfigura e in qualche modo trascende l’oggetto della sua struggente passione. Così é a tutti evidente che Squillaci, che ama e non rinnega la materia, con la sua arte, non più informale e materica, é al di là di essa che trova il suo segreto, essendo questo segreto, come ci viene rivelato nei suoi dipinti, il mistero della Luce e dell’Energia, a cui solo una grande Arte riesce a dare Forma, quella Forma, l’εἶδος, in senso platonico l’idea, e per Husserl l’essenza dell’intuizione noetica, che per noi é l’essenza anche e soprattutto dell’intuizione poetica ed artistica, l’intuizione, che forse meglio si può definire come un atto dell’Anima stessa, un atto che svela, mette a nudo la sua occulta e profonda Intelligenza, un atto che Pascal ad esempio avrebbe definito la ragione del cuore.

Certo non a tutti é concesso il dono dello Spirito, giacché questo dono lo si riceve solo con quel che nella mistica si chiama ascesi ossia con una adeguata preparazione e disciplina. Ho sempre considerato Nuccio un sacerdote delle Muse, votato all’Arte per una sorta di innata vocazione. E’ infatti per essa che egli trascura i vantaggi materiali ed economici che se ne possono trarre, dandosi alla ricerca, come un vero alchimista, della sola quinta essenza.

La purezza che egli raggiunge nella sua pittura é il frutto pertanto di una sua esistenziale estraneità al mondo ma non alla sua materia, che egli con la sua arte ci fa conoscere in aspetti davvero inusitati. E’ questo un dono dello Spirito. La materia é assolta e purificata dalla luce della Grazia. Squillaci con la sua arte va contro corrente. Egli non solo non ha subito nessuna infatuazione moderna per lo gnosticismo cristiano e pagano, ma della materia che é il supporto della vita, come il grande Plotino, ha sempre avuto una concezione ottimista. La materia, come si evince dalle sue opere pittoriche, non é l’incarnazione del Male o del Diavolo. Essa non é inconciliabile con l’Anima e con lo Spirito, giacché ne costituisce l’indispensabile supporto dando, offrendo così ad Essi concretamente la possibilità di esistere, di manifestarsi. Il destino della materia é già inscritto nel cielo, dal cielo dal quale essa proviene. E’ precisamente quello di accogliere, quello di divenire la base, il supporto di ogni sovrannaturale teofania. Per questo nella storia sacra, nella ierologia, é nella materia che la luce di Dio ossia la sua forma teofanica trova il suo luogo, la sua congeniale dimora. In questo senso l’opera di Squillaci, si intende nei suoi esiti migliori, può essere considerata il ricettacolo, un tempio di Luce e di Mistero Ineffabile.

La sua concezione della materia non deriva dal caos e/o dall’informale ma dall’antico stoicismo, da un modo di pensare la materia come organismo vivente, certo soggetto a corruzione, ma soggetto intellegibile e dunque dotato in sé d’intellegibilità, di lucida e non oscura razionalità, in essa (nella materia) immanente. Squillaci che non é un filosofo nella sua opera pittorica ne ha semplicemente l’intuizione. Un’intuizione tuttavia profonda. Un’intuizione non cerebrale. Un’intuizione del cuore, quella che solo un poeta ed un artista può e riesce ad avere. La sua semplicemente è un’intuizione estetica, che nasce dal sentimento e dall’amore per la materia, la madre della nostra vita. Sì, giacché é la materia che accoglie la Vita e la rivela nella sua Forma teofanica, in quella Bellezza (la Forma del Divino), che per citare San Paolo, in essa come in uno specchio si riflette, sia pure per enigma.

Piero Montana

 



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