A proposito della mostra di Filippo Panseca a cura di Ezio Pagano a Palazzo Inguaggiato a Bagheria

​Se c’è un’artista che forse meglio rappresenta la modernità, questi è Filippo Panseca.
Costui è l’artista, che trovandosi perfettamente a suo agio nel mondo odierno, di esso ha voluto impiegare per “la sua arte” le più recenti innovazioni tecno-scientifiche.

Per Panseca l’arte è chiaramente solo una questione di strumenti e nuovi materiali, giacché essi non sono neppure da considerarsi come mezzi, ma il fine stesso di un’operazione che ha la pretesa di definirsi artistica.

Chi pertanto volesse comprendere questa sua arte ne rimane profondamente deluso, in quanto tutto in essa si esaurisce nel risultato dei suoi effetti speciali artificialmente ottenuti.

Chi ancora trovasse in essi della magia si lascerebbe pertanto ingannare da quelli che
sono soltanto gli esiti forniti da strumenti tecnologici. Ed è su questo inganno di effetti psichedelici, che noi anzitutto puntiamo la nostra critica.

Per i filosofi del Rinascimento l’uomo era un grande miracolo e il suo potere miracoloso veniva attestato principalmente nell’arte che non poteva non confinare con la magia. Ma in un’epoca di decadenza questo potere dell’uomo progressivamente è stato minato sempre di più.

Oggi viviamo in un tempo in cui non contenti di ciò, ossia della perdita dei poteri dell’uomo, si assiste impotenti alla sua sostituzione con la macchina, con il robot computerizzato e la sua “intelligenza artificiale”. Ora se questo dato di fatto viene di prassi accettato, giacché ritenuto necessario se
non indispensabile in molti ambiti soprattutto lavorativi dell’uomo, perché non accettare che anche l’arte abbia il suo vero operatore in un computer o meglio in una vera e propria “intelligenza artificiale”?

Su questa premessa si basa tutta la teoria e la prassi artistica di Panseca, che viene vallata da un’errata e volgare interpretazione della “morte dell’uomo” già annunciata da Foucault, giacché questo pensatore francese per uomo intendeva il soggetto (l’io) radicalmente giocato dalle nascoste, inconsce, determinazioni del pensiero, che non possono non annullare la centralità e la dimensione umanistica ad esso attribuite.

Panseca invece e con lui gli artisti del Postumano per morte dell’uomo intendono solo la sua progressiva sostituzione con l’uomo bionico, l’essere a confine tra l’uomo e la macchina destinata presto a sostituirlo in tutti i campi, compreso quello dell’arte.

Ma per questo presunto artista innovatore l’arte della macchina, l’arte bionica non è un dato fantascientifico, ancora a venire, essa è già una realtà che le sue opere vengono di fatto a dimostrare, essendo realizzate con l’ausilio di avanzati strumenti tecnologici. Ma in tali prodotti artificiali che vengono spacciati per arte in che cosa essa consisterebbe? E soprattutto quali sarebbero i suoi valori?

Se per la macchina, per il computer non si può certo negare la loro utilità, che ne determina il valore, dobbiamo pure pensare che l’arte bionica abbia pur essa una qualche utilità?
Ma se così fosse, ridurre l’arte a una tale finalità, facendola rientrare nella categoria dell’utile, non significherebbe svilirla del tutto? Panseca non si preoccupa di questa degradazione di un’arte sottomessa a una tale categoria.

Egli sa perfettamente che gli effetti speciali della sua arte non servono a nulla, ma non trovando niente di male in un’arte che abbia in sé una qualche utilità, ricorre a un’altra delle sue strabilianti invenzioni, quella di coprire i suoi quadri con una vernice in grado di contrastare gli elementi inquinanti dell’ambiente circostante. Questa in parole povere l’utilità della sua arte: la bonifica – sono parole sue – dell’ambiente.

Riguardo all’arte si sono mai sentite tali e tante scemenze?
L’arte bionica non ha niente a che fare con l’arte, giacché se la vera arte è il risultato delle straordinarie capacità, mentali e manuali, in cui l’uomo viene a realizzarsi, dell’arte bionica non si può dire altrettanto, giacché in essa non è più l’uomo ma un suo prodotto scientifico, la tecnologia più avanzata, che viene a manifestare i suoi poteri.

Conciliare l’arte con la scienza, due ambiti, tra le attività dell’uomo, da sempre nettamente distinti, è quel che si propone in maniera del tutto rivoluzionaria l’arte bionica?
Per quanto ci riguarda su una tale arte non possiamo che avere forti riserve. Essa certo è latrice di indubbie ma spettrali ed allarmanti suggestioni, ma non sono ​ queste terre, dove è celata, estrarrà la loro quinta essenza, la luce, come del resto nel mondo vegetale fanno le piante che dalla terra estraggono la linfa vitale che le fa crescere e produrrà i colori nello splendore (la luce) dei loro fiori.
Ma nelle sue opere, la luce che Morandi estrae dalle terre non è solo una luce fisica, la luce naturale dei colori, essa é una luce trascendentale, ossia la luce dello Spirito.

Un osservatore che in tali opere non vedesse una tale luce, l’intima e raccolta spiritualità del loro artista, non avrebbe visto proprio nulla. Morandi nella sua pittura si è servito di pochi e poveri elementi, i colori, i pennelli, dei diluenti e delle tele, ma da questa semplice povertà materiale e strumentale l’artista, racchiuso nella solitudine del suo studio, con la sua arte maieutica ha portato alla luce dei capolavori che sono tali in quanto illuminati da una luce trascendentale, la luce dell’Epifania dello Spirito, che in essi si rivela. Da quanto sopra esposto concludiamo che l’arte bionica di Panseca non ci può interessare. Sostituire nell’arte le capacità umane con gli effetti speciali delle machine e della loro intelligenza artificiale non solo è un grave errore ma un pericolo mortale per lo spirito creativo dell’uomo.

L’Arte non va confusa con la scienza e i suoi ultimi ritrovati tecnologici. Se l’arte bionica è espressione di qualcosa, essa lo è solo della modernità, di una modernità contrassegnata, per noi negativamente, dal pensiero positivista, scientista e materialista a cui si deve questa sua ultima invenzione. La nostra visione del mondo è prettamente antropocentrica e in base ad essa non vogliamo che l’uomo venga fatto fuori e sostituito da una macchina computerizzata.

Tale sostituzione non sarà altro infatti che l’avvento diabolico della morte dell’uomo, la negazione totale della sua dimensione spirituale. Noi siamo per la vera magia dell’arte e non per i prodigi tecnologici e gli effetti speciali dell’arte bionica, dai quali non saremo mai affascinati, giacché per noi una tale magia è trasmutazione alchemica della materia in poesia o, se si vuole, in luce trascendentale dello Spirito, operazione che l’arte altamente tecnologica di Panseca e dei così detti artisti del Postumano non potranno mai, per i motivi sovraesposti, realizzare.

Piero Montana

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