Quando si parla di “nostalgici”, c’è un certo automatismo nel collegare il termine ad anacronistici reflussi neri. Ma a ben pensare anche in qualche altro caso l’accostamento è altrettanto consequenziale: nel caso degli appassionati di una decade specifica del secolo scorso, magari quella della propria adolescenza, gli anni ‘60, ‘70, ‘80 o ancora i nostalgici storici di altri afflati politici. In questo caso vengono in mente gli “scudocrociati” e i “falceemartello”.
Giusto per citare i più rappresentativi e tra questi troviamo anche gli ispiratori dell’ultimo lavoro, questa volta letterario, del premio Oscar Giuseppe Tornatore, un poderoso volume,un lavoro sfuggito alle sale cinematografiche,
che di aneliti rossi, nella sua (nostra ) terra, ci racconta. E ce ne parla in due momenti specifici: un incontro con la sua gente nel Liceo che frequentò in città, il Liceo Classico Francesco Scaduto, ed in una interessante intervista rilasciata
al quotidiano di Palermo, “il Giornale di Sicilia”.
Il romanzo, “All’epica. C’era una volta la politica” è un escursus storico politico del PCI e degli altri partiti a Bagheria, i cui riflettori puntati dal regista in questa ricostruzione, ci consentono riflessioni importanti anche sul nostro momento recente. Il regista ricorda all’intervistatore autorevole del quotidiano del capoluogo siciliano, anche della propria esperienza in consiglio comunale dal 1979 al 1984, un periodo difficile della storia della città delle ville, in quegli anni anche città di certe “villeggiature”.
Da quell’aneddoto poi le valutazioni sulle ultime amministrazioni, un’incontro in una nota pasticceria di Bagheria con il sindaco 5 stelle Patrizio Cinque, in cui si sarebbero seraficamente ignorati a vicenda (non sappiamo se prima o dopo la foto che li ritrae insieme all’inaugurazione del Museo Guttuso nel 2016), e poi la consapevolezza della morte degli ideali e dei valori che della vecchia politica erano colonne portanti.
Ovviamente il premio Oscar sottolinea lo spartiacque di tangentopoli e mani pulite nei primissimi anni ‘90. In quegli anni il voto di protesta, di risposta agli eventi, fu indirizzato (se malamente o meno ce lo dice la storia recente ma
anche quella futura) verso un centro destra con una presenza importante degli eredi della fiamma, insieme alle
neonate Lega Nord e Forza Italia e una sempre più tristemente limitata presenza di una sinistra erede del PCI di allora, le cui istanze oggi sembrano molto poco rappresentate. Impossibili da rintracciare nell’odierno PD o nei
vari spin-off, Italia viva in testa, per resistere più che mai, in certe liste veramente “civiche” che hanno talmente
creduto in quei valori da essere fuori da ogni logica spartitoria (se non proprio dagli scranni), rimanendo pulite.
Il voto di protesta verrà poi intercettato dal movimento 5 stelle, che rimarrà, agli occhi del premio Oscar, espressione appunto di dissenso senza la necessaria esperienza politica. Beh se l’esperienza politica è quella che ha generato la protesta e il dissenso, diventa un cane che si morde la coda. In ogni caso, secondo Tornatore quella “bella politica”
non abita più a Bagheria. E se lo dice lui, si può dargli torto?
Oggi secondo quanto emerge dall’intervista rilasciata al “Sicilia”, nell’analisi del regista, la politica segue l’onda dei consensi, ne apprende l’andamento sui social, e ne cavalca le istanze, stando attenti a non turbare nessuno.
Proprio nella cittadina che gli ha dato i natali, giustamente celebrata in una sua opera cinematografica, e sottesa a molti dei suoi lavori, le cose sono esattamente così.
Ne è prova la terza settimana senza giunta, che stenta a venire alla luce non senza difficoltà. Risulta complicato adeguare al presente l’idea della “bella politica”, tra proclami neodemocristiani e amministrazioni di larghe intese, alle quali bisogna poi “scontare le cambiali” in termini politici, mettendo in pratica proprio le stesse logiche di 25/30 anni fa.
Ah che nostalgia di quando c’era “la bella politica…”
Ignazio Soresi
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